A meno di un anno il simbolo di Alfano va in pensione

A meno di un anno il simbolo di Alfano va in pensione
4 novembre 2014

di Carlantonio Solimene

Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, che il destino del “Nuovo Centrodestra” non fosse così roseo lo si poteva intuire già il 5 dicembre 2013. Era meno di un anno fa e nella sala gremita del Tempio di Adriano Angelino Alfano aveva radunato le sue truppe per presentare il simbolo del nuovo partito. Pronti, via, si spengono le luci e… rimangono spente. Un black out di quasi un minuto prima che effettivamente sullo schermo apparisse il logo di Ncd. “Un piccolo inconveniente tecnico che preoccuperebbe i più scaramantici” scrisse Il Tempo il giorno dopo. E si rivelò tristemente profetico. Sì, perché quando l’avventura alfaniana non ha ancora compiuto un anno di vita, è già il momento di intonare il de profundis. Lo ha fatto ufficialmente il coordinatore del partito Gaetano Quagliariello che, alla trasmissione radiofonica Un giorno da pecora , ha ammesso: “Presto cambieremo nome. Ncd serviva in una determinata fase, ma io ora spero che andremo oltre. Il nuovo nome si sceglierà più avanti”.

Addio, quindi, a quel simbolo che fin dal principio aveva destato qualche perplessità. Innanzitutto di ordine estetico. Furono in tanti a storcere il naso di fronte a quell’inedito quadrato blu. In primis, i perfidi cugini di Forza Italia. “Sembra la scatola di un medicinale di fascia bassa” commentò Giancarlo Galan. “No, a me ricorda il modulo per la dichiarazione dei redditi” fu la pungente stoccata di Daniele Capezzone. Tasse e medicine, non proprio due immagini gradite all’elettorato. Non mancò, per l’occasione, neanche l’incauto fuorionda, con Fabrizio Cicchitto che, sorpreso dalle telecamere, si lamentava con Maurizio Lupi: “Ma perché è così scuro? Quel blu sembra nero…”. Poi vennero i problemi “legali”. Negli stessi giorni, infatti, si scoprì che “Nuovo Centrodestra” era anche uno dei marchi che Italo Bocchino aveva registrato quando stava per prendere le mosse lo strappo finiano dal Pdl. Un’altra concidenza che, visto il tonfo elettorale dell’ex presidente della Camera, non incoraggiava certo all’ottimismo. Gli emissari di Alfano presero contatto con Bocchino e quest’ultimo cedette la sigla gratuitamente.

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Risolta una questione, se ne presentò subito un’altra. Alle Europee dello scorso maggio, infatti, Ncd avrebbe dovuto affrontare il battesimo elettorale. Sondaggi alla mano, però, ci si rese conto che superare da soli la soglia di sbarramento del 4% sarebbe stato pressoché impossibile. Così arrivò l’accordo con l’Udc di Casini e il simbolo del Nuovo Centrodestra dovette convivere sulla scheda con lo storico scudo crociato della Democrazia Cristiana. Con tutti i mal di pancia immaginabili di chi – da Augello alla Saltamartini – proveniva da Alleanza Nazionale e ai centristi aveva sempre fatto la guerra. Lo stratagemma, in ogni caso, funzionò. Il rassemblement Alfano-Casini superò la soglia e portò una piccola pattuglia di europarlamentari a Strasburgo. Poteva essere l’inizio della riscossa, sarà il principio della fine. Ancora una volta, a pesare è stata una scadenza elettorale. Emblematico il caso della Calabria, dove il partito di Alfano è stato prima escluso dalla coalizione di centrodestra per il diktat di Berlusconi, poi non è riuscito ad allearsi con il Pd. Alla fine si è visto costretto a correre ancora una volta con gli ex democristiani dell’Udc.

Con dirigenti locali – e magari anche elettori – in fuga verso altri lidi. Il resto è storia d’oggi. Qualche esponente romano saluta la compagnia per affiliarsi addirittura alla Lega di Salvini, a Varese un assessore fa ritorno a Forza Italia per non essere espulso dalla Giunta. E Quagliariello che annuncia la morte del nome. Quel simbolo mai amato finirà nel cimitero in cui riposa tutto quello che poteva essere e non è stato. Mentre chi ha creduto nel progetto di Alfano ha già pronti i bagagli. La prossima casa potrebbe essere il “Partito della Nazione” di Renzi o la “corrente” di Fitto in Forza Italia. O magari il “cantiere” popolare che Alfano voleva costruire con Mauro e Cesa. Sempre che ci sia ancora qualche operaio disposto a lavorarci.

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