Addio a Winnie, lato oscuro di Mandela. L’ex moglie del presidente aveva 81 anni

3 aprile 2018

E’ morta in un ospedale di Johannesburg all’eta’ di 81 anni Winnie Mandela, ex moglie di Nelson Mandela che l’aveva sposata in seconde nozze e a lungo controversa attivista e dirigente dell’African National Congress. Legata indissolubilmente alla lotta contro l’apartheid e a tratti schiacciata dal cognome piu’ pesante del Sudafrica, era comunque molto amata a Soweto e nelle altre ‘township’ e tra i militanti contro la segregazione. Winnie Madikizela-Mandela era nata nel 1936 nella regione di Eastern Cape, all’epoca chiamata Transkei. Nel 1956 era diventata la prima donna sudafricana a conseguire un diploma di assistente sociale e nello stesso periodo incontro’ Nelson Mandela, all’epoca avvocato e di 18 anni piu’ grande di lei. Mandela divorzio’ dalla prima moglie Evelyn Ntoko Mase, dalla quale aveva avuto quattro figli, e nel 1958 Winnie e Nelson si sposarono grazie a un permesso concesso al leader della lotta all’apartheid che era in liberta’ vigilata. Rimasero insieme per 38 anni ed ebbero due figlie Zenani e Zindzi, anche se per una trentina di anni a separarli fu l’incarcerazione definitiva di Mandela dal 1962. “La mia vita con lui e’ stata una vita senza di lui”, raccontava Winnie che in quei decenni divento’ una militante con processi, arresti, periodi di detenzione alternati a periodi di liberta’ vigilata o isolamento anche di 17 mesi. In quel periodo Winnie si trasformo’ nella ‘pasionaria’ delle ‘township’ e fu costretta a trascorrere 8 anni al bando, da sola con le due figlie, in un villaggio isolato dello Stato libero d’Orange: anni oscuri in cui si lascio’ andare all’alcolismo e a una certa sfrenatezza sessuale.

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Rimane storica la foto che ritraeva Winnie accanto a Nelson Mandela mano nella mano quando il marito usci’ dal carcere dopo 27 anni, nel 1990. Due anni dopo si separarono: Nelson divento’ presidente del nuovo Sudafrica e nel 1996 arrivo’ il divorzio, dopo una disputa legale da cui emerse che Winnie aveva avuto una storia con una giovane guardia del corpo. Negli anni ’80 erano emersi molti episodi oscuri in cui era coinvolta Winnie Mandela: nel 1986 era stata collegata ai casi cosiddetti di ‘necklacing’, l’uccisione dei traditori bruciati vivi con in testa uno pneumatico imbevuto di benzina al quale veniva dato fuoco. Nel 1987 era stata condannata a sei anni (poi ridotta a una semplice multa) per complicita’ nel sequestro e nell’uccisione del 14enne Stompie Moeketsi, sospettato di essere una spia del regime dell’apartheid. Lei si era sempre detta estranea. Nel 2013, aveva fatto invano ricorso per ottenere una parte di eredita’ di Nelson Mandela, morto dopo essersi risposato con Graca Machel. Nonostante le ombre, era considerata una ‘madre della nazione’ e recentemente era apparsa in tv con il neo-presidente Cyril Ramaphosa che la ando’ a visitare a Soweto, la township in cui viveva da decenni. Desmond Tutu, l’ex arcivescovo anglicano premio Nobel per la Pace nel 1984, l’ha definita un “grande simbolo” della lotta contro l’apartheid che “rifiuto’ di piegarsi all’incarcerazione del marito, all’aggressione perpetua della sua famiglia da parte delle forze di sicurezza, ad arresti, divieti e messe al bando”.

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