Afghanistan, calcio femminile travolto da scandalo abusi sessuali

Afghanistan, calcio femminile travolto da scandalo abusi sessuali
5 dicembre 2018

Da simbolo delle nuove liberta’ conquistate dalle donne nell’era post talebani all’orrore del ricatto sessuale: il calcio femminile afghano e’ travolto da un vasto scandalo di violenze e abusi inflitti alle giocatrici da allenatori e massimi dirigenti della Federazione afghana di calcio (Aff), tra cui il suo presidente, Keramuddin Karim. La scia di #MeToo ha raggiunto anche l’Afghanistan, dove viene denunciata l’esistenza di un vero e proprio sistema che coinvolge gli stessi vertici del calcio nazionale.

Da quando l’ex capitano Khalida Popal ha cominciato a raccontare quanto subito dalle atlete, si e’ aperto il vaso di Pandora, rivelando al mondo una pratica diffusa non solo al calcio ma a tutti gli altri sport. In un’intervista alla Bbc, Popal – esiliata in Danimarca dal 2011 per minacce di morte – ha riferito di aver denunciato anni fa alla federazione i soprusi subiti da alcune compagne di gioco – molestie, giochi sessuali fino allo stupro – ma “invece di essere puniti o rimossi i responsabili sono stati promossi”. L’ex capitano della squadra di calcio femminile afgana ha confermato che il sesso come arma di pressione sulle giocatrici – per farle scendere in campo e in alcuni casi in cambio di denaro – ha coinvolto “personalita’ potenti con stretti legami col governo”.

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Da direttrice programmatica della squadra, la Popal ha cercato di bloccare lo strapotere degli uomini selezionando molte allenatrici statunitensi ed afgane della diaspora, ma il suo tentativo e’ stato ostacolato dai poteri forti del calcio. “Lo so che la mia voce puo’ cambiare molte vite. So che la mia voce puo’ cambiare il sistema” ha detto con convinzione l’ex calciatrice afgana. Da un sopruso all’altro: prima del 2001 bimbe e ragazze dovevano nascondersi dai talebani per poter praticare il calcio o un altro sport, dopo sono state vittime di abusi sessuali da uomini che avrebbero dovuto prendersi cura di loro e farle crescere. Versioni concordanti sono arrivate alla Bbc anche da altre ragazze che vivono ancora in Afghanistan, sotto anonimato per motivi di sicurezza. A loro volta hanno confermato di essere state costrette ad offrire il proprio corpo come merce di scambio per poter giocare nella nazionale, scendere in campo in gare all’estero.

“Fammi vedere quanto sei bella perche’ solo le ragazze splendide faranno parte della squadra”: una frase ripetuta tante di quelle volte alle giovane atlete, per anni murate nel silenzio, per paura di rivelare gli abusi inflitti subiti. Come loro altre colleghe all’estero hanno avuto il coraggio di parlare, raccontando al Guardian altre storie dell’orrore. In passato, proprio per aver osato puntare il dito su potenti funzionari sportivi – che in alcuni casi sono anche a capo di milizie armate – nove giocatrici sono state cacciate dalla squadra con l’accusa di essere lesbiche e alle altre e’ stato proposto un nuovo accordo per giocare gratis e senza possibilita’ di ricevere sponsorizzazioni.

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Ciononostante non si sono arrese e alla fine la verita’ e’ venuta a galla: si sono rivolte direttamente alla FIFA, che ha nei giorni scorsi ha aperto un’inchiesta. A Kabul il presidente, Ashraf Ghani, ha parlato di “profondo choc nazionale”, mentre l’ufficio della Procura generale ha aperto una sua propria indagine. Hummel, una firma sportiva della Danimarca, ha gia’ ritirato lo sponsor alla Federazione afghana di calcio. Lo scandalo e’ arrivato in parlamento, con interrogazioni aperte ieri nelle due camere di Kabul. A completare il quadro la dichiarazione a sorpresa rilasciata da Hafizullah Rahimi, capo del Comitato olimpionico afghano. “Tristemente questo tipo di preoccupazione e’ arrivato anche da noi. Gli abusi sessuali esistono, non solo nella Federazione di calcio ma anche negli altri sport. Dobbiamo combatterli”, ha riconosciuto Rahimi, a modo di confessione.

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