Alitalia, alla fine per salvarla serve sempre lo Stato. Bruxelles e piano industriale i nodi da sciogliere

Alitalia, alla fine per salvarla serve sempre lo Stato. Bruxelles e piano industriale i nodi da sciogliere
15 febbraio 2019

Quasi 11 anni. Tanto il tempo necessario per capire che l’Alitalia si tiene in piedi solo con l’aiuto dello Stato. Dal 2008, data dell’ultima privatizzazione della compagnia ex di bandiera, dopo varie ristrutturazioni e ingresso e uscita di soci internazionali, il pallino è tornato in mano al Governo. L’ipotesi prospettata dal vice premier Luigi Di Maio ai sindacati va proprio nella direzione di una forte presenza statale, la stessa che era stata giudicata inadeguata nel 2008.

Secondo lo schema pensato per il rilancio della nuova Alitalia, il ministero del Tesoro, secondo il vice premier e ministro per lo Sviluppo economico e del Lavoro, potrebbe arrivare ad avere una quota superiore al 15%, attraverso la conversione di una parte del prestito ponte da 900 milioni di euro in scadenza a fine giugno. Fonti di stampa indicano che tale quota potrebbe essere vicina al 20%, ciò significa che il salvataggio della compagnia potrebbe costare ai contribuenti italiani altri 180 milioni di euro, che si aggiungerebbero ai soldi già versati per i precedenti salvataggi. Oltre a ciò, le Ferrovie dello Stato, se si dovesse verificare il progetto presentato da Di Maio, ovvero di una partecipazione oltre il 50% congiunta con il Mef, dovrebbe restare alla fine con una quota di circa il 30% della compagnia, con un impegno finanziario non proprio indifferente se si volesse far partire la nuova Alitalia con una dotazione di capitale di 2 miliardi di euro.

Le difficoltà a far quadrare il tutto sono anche testimoniate dal continuo slittamento per la presentazione del piano industriale che inizialmente doveva essere pronto entro la fine di gennaio, ma che ha subito una serie di rinvii, prima a fine febbraio e ora a fine marzo. Complicato anche il coinvolgimento di altre società controllate dallo Stato. Se prima si ipotizzava un ingresso diretto di Cdp, ora Di Maio ha detto ai sindacati che Cassa depositi e prestiti è sì disponibile, ma solo per finanziare eventuali leasing di aerei per potenziare la flotta. Infine, il controllo statale incontrerebbe poi forti resistenze in ambito comunitario. Una quota del 20% in mano al Tesoro, provocherebbe le proteste di Air France, di cui il governo francese possiede circa il 13% e di Lufthansa e si andrebbe a scontrare sul veto dell’Antitrust europeo. Al riguardo sono illusorie le speranze di qualcuno legate al rinnovo della Commissione europea, perché le elezioni europee si avranno a maggio, ciò vuol dire che la nuova Commissione non sarà operativa prima di settembre prossimo. Questo vuol dire che sarà l’attuale Commissione a giudicare il dossier Alitalia.

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