Ambasciatore libico: sui migranti serve una prospettiva positiva

18 maggio 2017

Il 25 maggio ricorre l’anniversario della Giornata per l’Africa. Cambiare la percezione dell’Africa in Italia è il tema proposto nel 2017 dagli ambasciatori dei paesi africani in una tavola rotonda in programma a Roma il 23 maggio. Abbiamo chiesto all’ambasciatore libico in Italia, Ahmed Safar, come cambiare questa percezione: “In generale penso che quello che vogliamo dire su questo tema è che le percezioni negative riguardo il continente africano non debbano prevalere rispetto a quelle positive. Si parla di uno dei luoghi della terra con le maggiori potenzialità anche per futuri sviluppi. Il Continente africano è sempre stato oggetto di dibattito riguardo molte questioni. Ovviamente la principale è la stabilità economica e politica e le questioni riguardanti la sicurezza, anche in termini di riduzione della povertà – ha dichiarato – quindi è ora di cominciare a guardare in maniera positiva a quello che si può fare in Africa e come trattare i problemi africani”. “Questo è un cambio di percezione che è assolutamente necessario e dal quale discendono le appropriate politiche per lo sviluppo. Perché se si comincia a pensare all’Africa in termini positivi si penserà in termini positivi anche alle politiche da impiegare. In realtà, finora abbiamo considerato solamente gli aspetti negativi: l’immigrazione, la sicurezza, la povertà, eccetera; e questo è un circolo vizioso perché la politica si trova a trattare sempre con le conseguenze di punti di vista negativi”, ha aggiunto.

Ma come si può lavorare per attirare risorse in Libia sotto forma di investimenti per lo sviluppo anche al fine di ridurre il flusso di migranti, che rappresenta un problema sia per l’Italia che per l’Europa? “Questo è un classico esempio di come vogliamo cambiare la percezione. Noi guardiamo sempre ai problemi dell’immigrazione illegale come a questione di sicurezza e pensiamo solo a come bloccare il flusso dei migranti ma la vera questione è perché le persone vogliono attraversare il Mediterraneo rischiando le loro vite, le vite dei loro familiari e abbandonando tutto quello che hanno, abbandonando le loro case. Queste sono scelte non facili e a queste dobbiamo pensare – ha spiegato, rilanciando – E io penso che se mettiamo il problema nella prospettiva positiva, pensando cioè a cosa si può fare per l’Africa, al fine di consentire agli africani di rimanere nei loro paesi, allora il problema cambia radicalmente. Ci sono molti modi per gestire questo tema, in un sistema internazionale guidato da organizzazioni internazionali e al tempo stesso bisogna trovare le potenzialità inespresse del Continente”. “Le nazioni, gli individui, cosa possono fare veramente e cosa possiamo fare noi per potenziare quello che sanno veramente fare e per fargli avere davvero un futuro migliore. Non è solamente una questione economica o le necessità per lo sviluppo, ma anche aiutarli a trovare la loro vera identità all’interno del vario mosaico delle identità africane. E questo comporta anche la stabilità politica. Quello che i paesi più sviluppati possono fare è aprire alle potenzialità e alle opportunità dell’Africa, promuovendo e sostenendo un cammino di sviluppo”, ha aggiunto.

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All’inizio di maggio ad Abu Dhabi c’è stato incontro tra il premier libico Al Serraj e il generale Haftar, che per molti ha rappresentato una significativa svolta negli sforzi per risolvere la crisi libica. Si parla di un secondo incontro in questi giorni al Cairo per ratificare tali accordi. Cosa ci può dire di più in merito? Per mettere le cose nella giusta prospettiva, l’incontro fra Serraj e Haftar svoltosi ad Abu Dhabi è molto più significativo in termini simbolici perché rappresenta i libici che si riuniscono, in un certo modo, per discutere come possiamo uscire al meglio dalla crisi che stiamo vivendo in questo momento. Non si è ancora concretizzato in una qualche forma tangibile, ma è un primo passo molto molto positivo. Il meeting successivo al Cairo è il secondo passo verso la possibilità che il popolo libico si riunisca insieme per trovare una soluzione ed eliminare gli ostacoli. E anche questo è un passo in avanti molto importante perché noi dobbiamo rompere il ghiaccio fra tutti gli attori libici per avere davvero un processo inclusivo di accordi e al tempo stesso concretizzare il precedente accordo del 2015, e per far questo abbiamo bisogno che tutti si siedano attorno a un tavolo. Al tempo stesso ci deve essere un processo giusto che possa garantire gli interessi di tutte le parti in causa”.

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