Ancora scontro su vicepremier, Di Maio non molla ma i suoi parlano di programmi

30 agosto 2019

Il “professor Conte”: sul titolo accademico, ostentato in conferenza stampa dai capigruppo stellati di Camera e Senato Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, si gioca una partita di comunicazione che allude allo scontro sugli equilibri interni del nuovo, e per ora ipotetico, governo giallotricolore. E sugli stessi equilibri interni al M5S. Avendo imposto, dopo una iniziale incertezza, la pregiudiziale della conferma di Giuseppe Conte come capo del Governo, ora gli strateghi stellati fanno i conti col fatto che ha perso definitivamente la sua teorica caratteristica di “tecnico” e di mediatore che almeno inizialmente aveva nella maggioranza M5S-Lega. Ma se Conte è il rappresentante del M5S nel nuovo governo, il ruolo del capo politico Luigi Di Maio resta tutto da reinventare. E da ridimensionare.

“Sono giochi che fa il Pd per avere i ministeri importanti. Ma Conte non è il M5S”, dice una fonte interna non ostile al vicepremier uscente. Proprio il tema del vicepremier va sminato: la convinzione dei 5 stelle ancora fedeli al capo è che una volta raggiunto l’accordo di massima su programma e ministeri, “una soluzione andrà trovata: come si fa a risolvere eventuali scontri in Consiglio dei ministri senza riconoscere l’autorità del nostro leader?”, si chiede la stessa fonte. D’Uva e Patuanelli provano nel pomeriggio a “schermare” la figura di Di Maio facendo calare una sorta di nube protettiva sul leader. Da un lato ribadendo la presunta tenuta monolitica del movimento (“la crisi ci ha ricompattato”), dall’altro provando a mettere in ombra il tema delle cosiddette poltrone. I tecnici al governo? “Una provocazione di Beppe (Grillo, ndr)”, taglia corto Patuanelli, che ricorda tuttavia come il M5S qualche tecnico, come il ministro dell’Ambiente, al governo ce lo aveva già messo. Quanto alla poltrona che spetterebbe a Di Maio, “non ci interessa minimamente, questo tema del vicepremier non l’abbiamo tirato fuori noi”, giura D’Uva: i 5 stelle sono interessati, ufficialmente, solo al tema, indubbiamente non secondario, del programma, sul quale hanno messo al lavoro, con i capigruppo, una robusta pattuglia di parlamentari.

Dalle parti del Pd c’è chi coltiva la speranza di poter dare continuità a quella parte del lavoro di Conte, che nei rapporti internazionali, specie in sede europea, ha già di molto “addomesticato” certi spigoli “antisistema” del M5S. In prospettiva, per poterlo riassorbire, ridimensionato nei consensi, come junior partner di un nuovo centrosinistra. Per farlo, occorre un deciso rinnovamento della prima linea a 5 stelle, proprio a cominciare da Di Maio e da un alleggerimento del controllo che parte da Milano, dalla piattaforma Rousseau e dalla Casaleggio associati. Va in questa direzione lo stesso richiamo della vicesegretaria dem Paola De Micheli al fatto che Conte “rappresenta il partito di maggioranza relativa”, e quindi deve “farsi carico” delle divergenze fra i due aspiranti alleati. “Fraccaro e Bonafede? Sono intoccabili”, dice una fonte stellata, che prova a fissare un limite rispetto alla “discontinuità” invocata dai quasi alleati del Pd. Eliminare Fraccaro e Bonafede sarebbe un colpo ulteriore al leader. Il punto è che “Di Maio ci tiene moltissimo al posto di vicepremier. Ci soffre proprio per questa vicenda e se dovesse scegliere, sacrificherebbe loro prima di se stesso”, dice una fonte interna meno legata alle amicizie del capo politico.

“L’ultima trincea – aggiunge – potrebbe al limite essere quella che sia Di Maio ad accontentarsi della Difesa e limitarsi a indicare un suo fedelissimo come vicepremier, ma per ora – anche se pubblicamente allenta la presa – continua a lavorare per tornare in quella posizione. Anche perché non percepisce Conte come uno che lui può controllare”. Del resto, che le speranze di Di Maio di mantenere la posizione privilegiata di capo politico del partito di maggioranza siano ormai al lumicino, si intuisce da una dichiarazione di Nicola Morra, presidente della commissione antimafia. “Non c’è nulla di irrazionale nel chiedere un vicepremierato, ma se questo dovesse essere il macigno”, avverte, “sono certo che Luigi Di Maio e Giuseppe Conte penseranno alla soluzione più capace di tutelare i diritti di tutti”. Intoccabile, ma anche no.

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