ArcelorMittal acquista gruppo indiano Essar Steel per 6 miliardi di dollari. E in Italia toglie le tende

16 novembre 2019

ArcelorMittal si appresta a investire quasi sei miliardi di dollari in India affacciandosi cosi’ sul secondo mercato dell’acciaio piu’ grande del mondo. L’azienda ha vinto la battaglia legale per l’aggiudicazione del gruppo siderurgico indiano Essar Steel, in procedura fallimentare, con il via libera della Corte suprema per completarne l’acquisto da 5,8 miliardi di dollari. Secondo alcuni media di Mumbai, il passaggio di proprieta’ potrebbe arrivare per la fine del 2019.

In Italia, frattanto, la tensione continua a essere alta. La proposta dell’azienda “e’ inaccettabile” afferma il ministro per il Lavoro Nunzia Catalfo. Il ministro inoltre annuncia di avere “allo studio delle norme che presenteremo prossimi giorni” per garantire l’occupazione e consentire “la riqualificazione del personale anche nel caso di una riconversione aziendale”. “Addirittura – ha proseguito Catalfo – al tavolo l’azienda ha proposto di andare in deroga sulle norme sulla sicurezza sul lavoro, probabilmente non volevano responsabilita’ riguardo ad eventuali infortuni. Ovviamente ho ribadito il mio secco no e a quel punto sono tornati indietro”. E ha aggiunto: “Come ministero del Lavoro abbiamo allo studio delle norme che presenteremo nei prossimi giorni e che vadano a tutela dei lavoratori e garantiscano i livelli occupazionali. Stiamo studiando anche delle norme che consentano una riqualificazione del personale anche nel caso in cui ci sia una possibile riconversione dell’azienda”. Per Catalfo “la riconversione, ovviamente, e’ un progetto a lungo termine, pero’ si puo’ investire in nuove tecnologie e riqualificare nel frattempo i lavoratori. Ovviamente – ha concluso – non si puo’ fare subito. Ora in emergenza bisogna tutelare quello che c’e’ gia’, pero’ contemporaneamente si puo’ pensare alla nuove tecnologie e a medio o lungo termine riqualificare pensando forse di portare la siderurgia verso altri tipi di produzione”.

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Intanto, l’indotto-appalto siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva di Taranto, resta in tensione. Stamattina in Confindustria Taranto ci sara’ una nuova riunione tra le imprese esposte con i crediti che avanzano dalla multinazionale per lavori fatti, fatturati e non pagati malgrado le stesse fatture siano scadute. Secondo i dati forniti da Confindustria Taranto al Mise, le aziende dell’indotto-appalto esprimono in termini complessivi 150 imprese, tra fornitori e subfornitori, 6.000 addetti, e vantano 200 milioni di crediti. Questi ultimi, pero’, si dividono fra passaggio di Ilva dalla gestione commissariale all’amministrazione straordinaria (gennaio 2015, pari a 150 milioni) e quelli (50 milioni) attribuibili alla gestione ArcelorMittal. Dei 50 milioni, una parte importante e’ relativa allo scaduto, mentre il resto e’ fatturato e prossimo alla scadenza. Analizzando nel dettaglio l’esposizione dei 50 milioni, Confindustria Taranto ritiene che il credito maggiore sia di una singola azienda per 6 milioni; due imprese avanzano, rispettivamente, 4,5 e 4,3 milioni di euro; mentre un terzo delle imprese e’ nel range tra gli 800mila euro e i 2 milioni di euro. Metalmeccanica, edilizia e servizi, i settori piu’ colpiti.

Ieri è stata un’ennesima giornata impegnativa, sempre sul fronte ArcelorMittal e per il futuro dei 11.000 lavoratori dello stabilimento siderurgico ex Ilva. E la vicenda si sposta non solo sul piano sindacale e politico ma anche giudiziario. A Milano i commissari straordinari hanno depositato il ricorso d’urgenza con cui chiedono all’azienda di rispettare gli accordi presi in precedenza, dal momento che non sussistono le condizioni per il recesso dal contratto. Un’iniziativa che ha trovato ampia sponda nelle parole del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che e’ stato molto duro nei confronti dell’azienda. “Il Governo non lascera’ che si possa deliberatamente perseguire lo spegnimento degli altiforni, il che significherebbe la fine di qualsiasi prospettiva di rilancio di questo investimento produttivo e di salvaguardia dei livelli occupazionali e la definitiva compromissione del piano di risanamento ambientale” ha scritto su Facebook aggiungendo che cosi’ facendo, ArcelorMittal “ne rispondera’ in sede giudiziaria sia per cio’ che riguarda il risarcimento danni, sia per cio’ che riguarda il procedimento d’urgenza”. Dal canto suo, l’azienda non sembra recedere nemmeno di un millimetro.

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IL GOVERNO

“Una cosa è certa, noi trasciniamo la multinazionale in tribunale e chiederemo di rispettare i patti con lo Stato. Quella multinazionale (Arcelor Mittal, ndr) ha firmato un contratto con lo Stato e quindi con il popolo, e se pensa di potersene andare credendo di avere di fronte uno Stato che gli dice ‘vai pure, non succede nulla’, ha sbagliato Stato e governo”. Lo ha dichiarato il minsitro degli Esteri e capo politico M5s, Luigi Di Maio. “Parlare oggi del piano B significa dare la migliore via d’uscita ad Arcelor Mittal”, che invece “deve sentire la pressione di tutti i cittadini e del sistema Italia”, ha aggiunto il ministro degli Esteri. “Già parlare di piani sulla nazionalizzazione – ha concluso – o altra cordata è un modo per dire: puoi andare, tanto abbiamo un’alternativa. Per me il piano A, B, C o D si chiama Arcelor Mittal e vedremo in tribunale, non tra anni ma tra settimane, quale sarà l’esito della procedura d’urgenza”.

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