Asia Bibi scarcerata e trasferita in una località sconosciuta, islamisti in rivolta. La 47enne era stata condannata a morte per blasfemia

Asia Bibi scarcerata e trasferita in una località sconosciuta, islamisti in rivolta. La 47enne era stata condannata a morte per blasfemia
Asia Bibi
31 ottobre 2018

Asia Bibi, scagionata oggi dall’accusa di blasfemia dalla Corte Suprema pachistana, e’ stata scarcerata e trasferita in una localita’ sconosciuta per ragioni di sicurezza in attesa di lasciare il paese, ha reso noto il suo avvocato. Dopo otto anni di detenzione in isolamento, la pakistana cristiana Asia Bibi, 47 anni, accusata di blasfemia nel 2009, e’ stata assolta con un verdetto della Corte suprema che capovolge la sentenza di condanna a morte, ma il suo calvario non e’ finito. La donna continua a rimanere sotto minaccia di morte da parte dei gruppi radicali islamici, che dopo la notizia della sua assoluzione sono scesi in pizza in diverse citta’ del Paese, invocando di giustiziare i giudici che hanno accolto l’appello della donna.

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La zona rossa della capitale Islamabad, dove si trova la Corte Suprema, e’ stata cordonata dalla polizia e sono state dispiegate le forze paramilitari a difesa del Parlamento. Il partito radicale Tehreek-e-Labbaik Pakistan (Tlp), che rappresenta i musulmani sunniti, ha promosso le proteste con il sostegno di altri partiti di ispirazione islamica. Il suo leader, Khadim Hussain Rizvi, ha invocato la morte per il presidente della Corte Suprema, Saqib Nisar, e gli altri due colleghi che hanno emesso la sentenza: Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel. Il Tlp ha chiesto anche le dimissioni del primo ministro, Imran Khan. Rizvi, si e’ rivolto ai suoi sostenitori perche’ scendessero in piazza in tutte le maggiori citta’ del Paese: in centinaia hanno bloccato la strada principale che collega Rawalpindi alla capitale, Islamabad.

Scene simili si sono registrate a Karachi e Peshawar, con gli islamisti che pretendono l’esecuzione capitale di Asia Bibi. “La condanna a morte e’ annullata. Asia Bibi e’ assolta delle accuse, perche’ ci sono contraddizioni nelle testimonianze”, ha dichiarato il giudice Nisar, nella lettura del verdetto, citando il principio di “presunzione d’innocenza” in mancanza di prove certe. “Se non ci sono altre accuse contro di lei, puo’ essere liberata”, ha aggiunto Nisar, in una sala del tribunale blindata dalla polizia, che gia’ aveva preventivato le proteste. La donna non era in aula al momento della sentenza e dalla prigione dove e’ detenuta – a Sheikupura, vicino a Lahore – ha reagito con incredulita’. “Non posso credere a quello che sento. Usciro’ ora? Mi lasceranno uscire veramente?”, ha detto.

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“Non vedo l’ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate!”. Con la voce rotta dal pianto Eisham Ashiq, la figlia minore di Asia Bibi, commenta così ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la notizia dell’assoluzione della madre, decisa dalla Corte Suprema. “E’ la notizia piu’ bella che potessimo ricevere – dice il marito di Asia, Ashiq Masih – e’ stato difficilissimo in questi anni stare lontano da mia moglie e saperla in quelle terribili condizioni. Ora finalmente la nostra famiglia si riunira’, anche se purtroppo dubito che potremo rimanere in Pakistan”.

Il calvario di Asia e la legge sulla blasfemia

Asia Bibi, contadina cristiana e madre di cinque figli, era stata denunciata per basfemia nel 2009, dopo una lite con alcune donne nella fattoria in Punjab, dove lavorava. Era stata condannata a morte nel 2010, secondo le controverse leggi che in Pakistan puniscono con il carcere o la pena capitale chi profana il Corano o diffama Maometto. Il suo destino sembrava segnato dopo che, nel 2014, l’Alta Corte di Lahore aveva respinto il ricorso contro la condanna alla pena capitale in primo grado, presentato dai suoi difensori. La mobilitazione internazionale che ha suscitato il caso ha frenato l’esecuzione della sentenza fino ad oggi, quando e’ arrivato il verdetto della Corte suprema, che ha ribaltato l’ha assolta e ne ha ordinato la scarcerazione.

Il processo ad Asia Bibi, 47 anni, si era basato essenzialmente su testimonianze, in particolare su quella dello stesso uomo che l’aveva denunciata, Qari Mohammad Salam, imam della moschea di Ittanwali, il villaggio del Punjab dove Asia e’ nata da una famiglia contadina e vissuta con due sorelle. Durante una giornata passata a lavorare nei campi, era nata una discussione sulla religione con altre donne, in maggioranza musulmane; due di queste, avevano rifiutato di bere alla fontana dove si era abbeverata Asia, considerata “impura”. Ne era nato un litigio, con Asia che aveva difeso la sua fede e che era stata anche picchiata. L’imam lo era venuto a sapere e aveva sporto denuncia per blasfemia. Nel 2014, l’Alta Corte di Lahore aveva confermato la sua condanna a morte. Tuttavia, la Corte Suprema nel luglio 2015 ne aveva sospeso l’esecuzione. L’avvocato di Asia Bibi, Saiful Mulook, musulmano, ha denunciato che l’inchiesta e’ viziata. Asia Bibi si e’ sempre detta innocente e la sua causa e’ stata sostenuta da Ong per i diritti umani, come Amnesty International.

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Il caso ha riportato sotto i riflettori le famigerate leggi sulla blasfemia, che in Pakistan hanno fatto gia’ numerose vittime. I detrattori della legge ritengono da sempre che sia uno strumento di ricatto, usato per regolare dispute materiali e personali, ma la norma viene difesa con violenza dalle frange estremiste. La “legge nera”, come viene chiamata dagli attivisti in Pakistan, e’ stata introdotta nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq e ha determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Applicata quasi sempre con arbitrio, in 1300 casi, ha provocato centinaia di vittime innocenti, 40 condanne a morte, oltre 60 esecuzioni extragiudiziali o assassini eccellenti. Lo scorso anno fu avviato l’iter per la sua revisione, bloccato dal no dei partiti integralisti. Ha causato anche attacchi contro intere comunita’, come a Shantinagar e nel Multan (1997), oppure Gojra (nel 2009), con morti e decine di case di cristiani incendiate. Secondo gli attivisti per i diritti umani ha di fatto ha legalizzato le persecuzioni religiose.

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