Attacco in Siria, ora la Cina teme per la politica degli Stati Uniti su Corea del Nord

Attacco in Siria, ora la Cina teme per la politica degli Stati Uniti su Corea del Nord
7 aprile 2017

L’attacco ordinato nella notte dal presidente Usa Donald Trump contro una base aerea in Siria suscita preoccupazione in Cina, anche perché il leader americano ha già ventilato di agire unilateralmente in un teatro mlto più vicino a Pechino: la Corea del Nord. Nelle stesse ore in cui il presidente cinese Xi Jinping è ospite del leader americano nella “Casa bianca invernale” di Mar-a-Lago, 59 missili Tomahawk lanciati da navi Usa colpivano la base aerea dalla quale, secondo Washington, è partito l’attacco chimico che nei giorni scorsi ha ucciso decine di civili. Trump – secondo quanto ha riferito un alto funzionario cinese all’agenzia di stampa France Presse – ha preavvertito Xi dell’attacco. E la reazione del governo di Pechino è stata estremamente prudente: un invito agli Usa a non far “deteriorare ulteriormente” la situazione in Siria accompagnato dalla condanna all’uso di armi chimiche da parte “di qualsiasi paese, in qualsiasi circostanza”. Tuttavia l’aria che si respira a Pechino dopo l’improvvisa e per molti versi inattesa esibizione muscolare di Trump la si può percepire da uno spiraglio aperto sulla stampa legata al Partito comunista cinese.

Il Global Times, una testata considerata spesso vicina alle istanze più nazionaliste, ospita un editoriale dal “wording” abbastanza studiato, ma che contiene un’interpretazione del comportamento del leader americano illuminante. “La decisione di Trump di attaccare il governo di Bashar al Assad è una dimostrazione di forza da parte del presidente. Vuole provare che è in grado di fare ciò che (Barack) Obama non era in grado di fare”, scrive il Global Times. “Vuole provare il mondo che non è il ‘presidente del business’ e che userà la forza militare senza esitazione quando lo considera necessario”. L’occhio del giornale cinese è evidentemente puntato su questioni a molto più vicine alla Cina, pur non esplicitamente citate. Nel summit di Mar-a-Lago, la minaccia posta dal regime di Kim Jong Un è molto alta nell’agenda. Trump vuole che la Cina prema di più sul riottoso alleato perché rinunci ai suoi programmi nucleare e balistico. Pyongyang ha già fatto capire che non ci pensa nemmeno, lanciando un missile Scud nel mar del Giappone alla vigilia dell’atteso vertice. Trump ha già chiarito esplicitamente che la “pazienza strategica” esercitata dal suo predecessore, Obama, è finita e che, diversamente dal presidente democratico, con lui “non succederà” che la Corea del Nord riesca a dotarsi di armi in grado di colpire gli Stati uniti. Laddove la Cina non collabori, ha detto ancora il leader americano attraverso il canale da lui preferito, Twitter, l’America “farà da sola”.

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