Autobomba a festa matrimonio a Fallujah, almeno 50 morti. Seicento mila bambini intrappolati a Mosul

Autobomba a festa matrimonio a Fallujah, almeno 50 morti. Seicento mila bambini intrappolati a Mosul
17 novembre 2016

E’ di almeno 50 morti il bilancio, ancora provvisorio, di un attacco kamikaze ad una festa di nozze nei pressi di Fallujah, in Iraq. Lo riferiscono fonti militari irachene. E mentre sui social media arabi si parla addirittura di 100 vittime, tra morti feriti, un colonnello dell’esercito ha ridemensionato il numero delle vittime: “Il primo bilancio indica che i morti son 16 ed i feriti una trentina”, ha detto il colonnello Walid al Duleimi, del comando delle Operazioni nella provincia di al Anbar citato sempre dalla tv curda. Lunedì scorso, sempre a Fallujah, due autobombe esplose in rapida successione nel centro della città sunnita aveva causato la morte di 5 persone ed il ferimento di altri 18.

Intanto, a un mese dall`inizio dell`offensiva a Mosul, i bambini stanno pagando un prezzo altissimo. Molti sono rimasti gravemente feriti nei combattimenti o mostrano segni di forte sofferenza psicologica, anche una volta giunti in un luogo sicuro. Si stima che siano 600.000 i bambini rimasti intrappolati dentro a Mosul. È questo l`allarme lanciato da Save the Children, l`Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare in bambini in pericolo e a promuoverne i diritti. Sono finora 60.000 gli sfollati fuggiti dalla città e dalle aree circostanti, tra cui decine di migliaia di bambini. Mentre continua l`offensiva, ci si attende che molte altre famiglie cercheranno di scappare per raggiungere i campi di sfollati. Il personale medico in prima linea e negli ospedali ha raccontato a Save the Children che ogni giorno circa una dozzina di bambini rimangono mutilati, mentre i combattimenti si spingono verso l`interno della città. Secondo il personale di Save the Children sul campo, anche quando riescono a raggiungere i campi vicino a Mosul senza subire danni fisici, i bambini mostrano segni preoccupanti di sofferenza psicologica.

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Altro capitolo. Che fine faranno i “figli del Califfato” nati nella roccaforte irachena dello Stato Islamico (Isis) Mosul, una volta liberata questa grande città nel mirino dal metà ottobre di una vasta offensiva delle forze di Baghdad? E’ il quesito che si pongono oggi diversi media arabi che temono un “esercito di apoliti, senza patria, senza rifugio e senza alcuna nazionalità”, come titola la tv satellitare al Jazeera. Secondo una stima fatta lo scorso marzo dalla Fondazione Gulliam, istituto di ricerche sull’estremismo, nel periodo tra agosto 2015 e febbraio 2016 nella sola città di Mosul, “si stimava ci fossero non meno di 31mila donne incinte”. Con conseguenti parti, quindi un numero impressionante di bimbi nati, ma spesso non dichiarati alle autorità del Califfato. Nè registrati, per timore dei genitori di essere tacciati come “collaborazionisti” dei terroristi, come afferma un abitante di Mosul, che ora si trova in un campo d rifugiati ad Est del capoluogo che ha due figli “non dichiarati”, riferisce al Jazeera.

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