Ildar Abdrazakov, a Milano prima con Ernani e poi con Attila per l’inaugurazione

Ildar Abdrazakov
18 agosto 2018

Il suo sarà un grande ritorno, anche se La Scala è un teatro che lo ha visto sempre trionfare sin dal suo debutto, ne La Sonnambula di Bellini, dopo la vittoria nel 2000 del Concorso Callas. Per Ildar Abdrazakov l’autunno sarà tutto Scaligero, con Ernani a fine settembre, il recital del 5 Novembre e poi la fatidica inaugurazione del 7 Dicembre con Attila di Verdi, nel ruolo del titolo. Un autunno di fuoco, considerato che il basso russo vi arriverà dopo una intensa stagione giocata tra i maggiori teatri internazionali, come l’Operà di Parigi, il Metropolitan di New York, il Festival di Salisburgo.

“Alla Scala tornerò con grandissimo piacere”, dice durante una chiacchierata via what’s up, in un momento di relax nella sua casa in Austria, tra la fine del tour de force del Boris Godunov, debuttato a Parigi tra la fine di giugno e i primi di luglio, e l’inizio delle prove de L’Italiana in Algeri di Rossini per il Festival di Salisburgo che lo vede impegnato sul palco dall’8 al 19 di agosto nei panni del Gran Mustafà. “La Scala è sempre La Scala – continua – E’ come la Mecca, il luogo, per ogni cantante, da venerare, per la sua storia per la sua tradizione. Non si può dire nulla”. E il rapporto di Abdrazakov con l’istituzione scaligera è di vecchia data e si consolida sotto la direzione di Muti. Terminata l’era Muti però, pur ritornandoci periodicamente, per concerti e alcune opere, come I racconti di Hoffman o il Don Carlo del 2017, in una sostituzione quasi alla chetichella di Ferruccio Furlanetto nel ruolo di Filippo II, le apparizioni del giovane basso – “faccio 42 anni a settembre” – si sono diradate.

“Dopo Muti – spiega – il teatro ha fatto altre scelte di repertorio. Non che non mi invitassero – precisa – lo facevano, ma i titoli non si adattavano alla mia vocalità. Con Barembhoin ad esempio si faceva molto Wagner, ed io – si sente la risatina di sottofondo – non sono un cantante wagneriano”. No, decisamente! Ildar Abdrazakov non è un cantante wagneriano. Il suo repertorio infatti spazia da Mozart, con Nozze di Figaro, Don Giovanni – nel ruolo del titolo e in quello di Leporello – Rossini, con Italiana in Algeri, Semiramide, nella quale ha debuttato il ruolo di Assur al Metropolitan, questo inverno, i grandi compositori russi come Borodin con il Principe Igor, o il recente Mussorgskij del Boris Godunov e poi naturalmente Verdi con i ruoli di Filippo II, nel Don Carlo, Silva, in Ernani ed appunto Attila, divenuto uno dei suoi ruoli contraddistintivi. Abradzakov alterna accuratamente i ruoli adattando il suo repertorio alla sua voce.

“Dopo i quaranta mi sento più sicuro nei ruoli più importanti, verdiani, drammatici”. “Da tempo aspettavo – dice – di poter cantare il ruolo di Boris. E’ un personaggio magnifico, molto complesso, legato ad un periodo oscuro della Russia. Un uomo che per anni ha governato, ma come reggente, e nel momento in cui diventa Zar gli viene impedito di agire come vorrebbe”. Ildar Abdrazakov racconta affascinato questo personaggio che potrebbe diventare sicuramente “Uno dei più importanti della mia carriera. La sua voce, del resto, ora più profonda, matura, sembra infatti tagliata per i ruoli drammatici, eppure non manca di avventurarsi in territori più arditi, belcantistici, come i rossiniani Mustafà e Assur. 

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“Mamma mia – racconta – è stato pazzesco! Quando ho firmato per Semiramide al Met è stato circa quattro anni fa e da quel momento non ho mai cantato il ruolo di Assur. Quando ho aperto lo spartito e ho cominciato a studiarlo per un momento ho pensato di cancellare l’impegno. Troppo difficile – continua quasi con timore reverenziale – Molto alto, specialmente adesso che la voce è piu pesante, inoltre io non ho mai avuto delle belle colorature. Poi a poco a poco, lavorandoci, dopo una settimana sono riuscito a sistemare la voce e a superare le difficoltà presentate dalla partitura”.

Difficoltà impervie superate più che brillantemente, come la registrazione in HD del Met testimonia ampiamente, un Assur il suo, infatti, che restituisce pienamente la funzione della coloratura delle voci maschili, mantenendone la virilità nonostante le ardite volute tecnico vocali. Ma non sono attualmente solo i ruoli drammatici che sembrano calzare in modo ottimale a questo interprete che, nonostante faccia ormai parte a pieno titolo dello starsystem operistico internazionale, mantiene una spontaneità ed una semplicità nel modo di porsi non comuni. Uno spirito allegro, pronto al dialogo e al confronto, dalla spiccata vis comica che si esprime perfettamente in personaggi che racchiudono un elemento di comicità come appunto il Mustafà dalla Italiana in Algeri del Festival di Salisburgo.

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“Un ruolo che adoro – confessa – uno dei miei preferiti, che ho portato in scena almeno in 200 recite, e in modo sempre diverso”. “E adoro essere comico in palcoscenico. E’ un modo di vivere diverso. Mi piace ridere di me stesso e mi piace quindi far ridere il pubblico. Ogni tanto bisogna essere stupidi – dice ridendo – e a me diverte divertirmi, prendermi in giro”.

Ma ridere di se stessi vuol dire anche essere critici con se stessi. “O sì lo sono. Non so dire se molto – osserva pensieroso – ma quando mi accorgo che qualcosa non va bene, allora mi chiedo subito perché, cosa c’è che non va. E’ importante, quando ti accorgi che qualcosa non funziona, sapere perché. Questo è un lavoro bisogna sapere cosa ha impedito che qualcosa funzionasse: forse non si è mangiato bene – aggiunge ridendo – o si è dormito male, ma bisogna trovare il motivo. Forse non bisogna essere troppo critici con se stessi – conclude – ma provare a capire perché qualcosa non funziona. trovare comunque la risposta”. Capire, comprendere, cosa è bene per lui, per la sua voce, per la sua carriera, ma anche comprendere gli altri, i loro bisogni, è un qualcosa che sembra contraddistinguere il carattere e le azioni di Ildar Abdrazakov. Ecco perché oltre alla sua carriera di cantante affermato del panorama lirico internazionale si occupa parallelamente di attività legate alla formazione e alla beneficenza. Da due anni infatti è il Direttore dell’Accademia di Musica intitolata ad Elena Obratsova, il grande mezzosoprano russo.

“Quando sono in Russia tengo anche delle Masterclass all’Accademia, ma non mi ritengo propriamente un insegnante. Fortunatamente ho trovato maestri molto più preparati – dice sorridendo – io mi limito a dare dei consigli: sul repertorio su alcuni aspetti tecnici o sull’interpretazione; inoltre ho in questi anni invitato alcuni colleghi e amici, come il tenore Giuseppe Sabatini, a tenere dei corsi”. “Siamo un’accademia non statale, non abbiamo finanziamenti pubblici, e andiamo avanti grazie ai concerti e le donazioni dei privati. Purtroppo non abbiamo, un nostro teatro, una nostra orchestra, solo la sede dove i giovani artisti possono accedere e frequentare i corsi di canto, ma i ragazzi ogni settimana fanno concerti alla Filarmonica di San Pietroburgo, studiano le opere, lavorano sempre”.

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Anche per mantenere la divulgazione del repertorio lirico classico ha creato un Festival, il Festival Internazionale Ildar Abdrazakov. La prima edizione si è svolta ad Ufa, la sua città natale, “Ma l’idea – spiega – è di portare la formula in altre città. Già dal prossimo anno abbiamo intenzione di portarlo a Mosca, San Pietroburgo e Kazan. Ed uscire dai confini della Russia. In Italia, per esempio”.

E più volte ha preso parte a concerti in favore dei bambini russi affetti da cancro e malattie genetiche. Un impegno quest’ultimo che lo vedrà a Krasnojarsk, città natale dell’amico fraterno, il baritono Dmitri Hvorostovsky, scomparso lo scorso 22 novembre per un cancro al cervello, il 26 agosto, in un concerto commemorativo, che riprende la serie di concerti di beneficenza creati dal cantante siberiano per aiutare i bambini. Sempre per ricordare Hvorostovsky prenderà parte in ottobre a due concerti a Mosca e San Pietroburgo. Ma nel futuro e nella mente di Ildar Abdrazakov non c’è solo la carriera canora che lo porterà anche il prossimo anno in giro per il mondo tra America, Russia ed Europa: figlio di un noto regista cinematografico e televisivo, sembra che voglia intraprendere anche questo aspetto del mondo dello spettacolo. “Farò la regia di Attila, con mio fratello Askar (basso anche lui) come protagonista. E’ un mio nuovo progetto. Un piccolo Festival in primavera, ad Ufa, la mia città, con l’opera di Verdi scelta per la serata di apertura”. Una regia “tradizionale – dice immediatamente – non voglio fare una cosa moderna dove risulta difficile comprendere, per il pubblico”.

Affermazione questa che in un certo senso fa comprendere il suo rapporto con la regia moderna, considerato che più volte si è trovato all’interno di produzioni che tradiscono fin troppo la natura dell’opera e del libretto, come nel Boris di Parigi o nella stessa Italiana in Algeri di Salisburgo. “Quando comincio a studiare un personaggio, un’opera, ho tantissime idee – racconta – e forse per questo, oltre grazie all’esempio di mio padre, mi sto cominciando ad interessare alla regia”. Potrebbe così nascere una attività parallela a quella di cantante. “Non proprio – dice riflettendo – un’attività parallela, però…..”. “Non posso dire – continua dopo un momento di pausa – di essermi annoiato ad andare a cantare da un capo all’altro del mondo, da un teatro a un altro, ma vorrei fare qualcosa d’altro, di nuovo. Ho bisogno di realizzare le mie idee! In più la voce – aggiunge sorridendo, ma anche seriamente – ha bisogno di riposare ogni tanto”. Il meritato riposo in effetti è quello che in questi mesi è mancato.

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“Niente vacanze per me quest’anno – dice – solo pochi giorni rubati qui e la, tra un impegno ed un altro”. Giorni rubati anche per seguire le partite della Coppa del Mondo di Calcio, giocata quest’anno in Russia, tanto da sembrare che le partite della Nazionale Russa coincidessero perfettamente con le pause dai suoi impegni. “Beh – esordisce ridendo – non è che mi sia organizzato gli impegni per seguirle. Però ho degli amici carissimi che sono riusciti ad aiutarmi, prenotando gli aerei e prendendo i biglietti, ed una moglie fantastica – Marika – che mi ha seguito ovunque con le bambine organizzando tutto”. Amici, famiglia, carriera, Ildar Abdrazakov sta vivendo il suo momento magico, inseguendo i suoi sogni di attività e ruoli. Tra quest’ultimi Zaccaria, il sacerdote/capo degli Ebrei in Nabucco di Verdi. “Ma non ho ancora cominciato a studiarlo – precisa – ce l’ho programmato per il 2020 o 2021”. Per La Scala? Questo non lo dice. Teniamo le dita incrociate.

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