Berlusconi esulta: in Sicilia vittoria moderati, io il leader

Berlusconi esulta: in Sicilia vittoria moderati, io il leader
L'ex premier Silvio Berlusconi, e il neo governatore della Sicilia, Nello Berlusconi
6 novembre 2017

Una vittoria “dei moderati”, che è preludio alla sfida dei prossimi mesi, quella per le politiche che vedrà come avversario “il ribellismo, il pauperismo, il giustizialismo” dei Cinque Stelle. Silvio Berlusconi si intesta la vittoria in Sicilia, la ascrive ai “moderati”, sottolinea il ruolo decisivo ricoperto da Forza Italia. E dal suo staff rivendicano: “E’ la dimostrazione che le carte le dà sempre lui, candidabile o non candidabile”. Lettura che Giorgia Meloni ribalta, ricordando che Nello Musumeci è il candidato scelto da Fratelli d’Italia, e sfruttando l’estrazione politica del neo governatore per dire che “non si vince al centro” ma con un centrodestra “compatto su una proposta coraggiosa e con un’identità definita. Basta con le cose poco chiare”. Il terzo attore del centrodestra, Matteo Salvini, parla solo dopo le 20, e dopo le dichiarazioni di Berlusconi: una breve nota per rivendicare che “i voti della Lega sono stati determinanti per l’elezione di Nello Musumeci”, e difendere la scelta di una Lega non più “Nord” ma nazionale. La lettura della vittoria siciliana è dunque il terreno per la competizione interna al centrodestra sulla leadership. È chiaro lo ‘spin’ che Berlusconi vuole imporre al risultato siciliano, confortato da numeri che vedono Forza Italia prendere il triplo dei due alleati uniti, la cui lista rischia addirittura di non passare la soglia di sbarramento del 5% e non entrare nel Parlamento regionale. In un video su Facebook, il presidente di Fi ringrazia i siciliani per aver “accolto il mio appello”, per aver segnato la “vittoria dei moderati”.

E lancia la sfida ai Cinque Stelle per il governo nazionale, sempre con lo stesso schema: “Il centrodestra moderato nel linguaggio, ma capace di una radicale riorganizzazione della cosa pubblica, è la sola vera alternativa al pericolo che il nostro Paese cada in mano al ribellismo, al pauperismo, al giustizialismo”. Ovvero al M5s, “a chi non ha mai realizzato nulla, non ha mai amministrato neppure un condominio, a gente che non ha mai neppure lavorato”. Ma la competizione è anche interna, per quella leadership che Salvini insiste nel considerare contendibile. E se l’ex Cav si limita a sottolineare l’impostazione “moderata” del suo centrodestra, i suoi sono più espliciti nel fotografare distanze che non lasciano dubbi a chi sia “il perno della coalizione”: “E’ evidente che con questi numeri le carte le darà sempre Berlusconi. Sarà lui a scegliere il premier: Tajani, Draghi, vedremo… Ma lo sceglierà Berlusconi”. Contando anche sul fatto che l’operazione Sud di Salvini non è decollata: tra il 4% e il 5% sia a Ostia che in Sicilia. Per tuttala giornata il leader leghista si limita a dire “grazie ai militanti e alle migliaia di persone che in Sicilia e a Ostia hanno creduto in noi”. E sposta l’attenzione su un “dato certo: Renzi e Alfano a casa”. Ma in Fi già ragionano sui possibili contraccolpi che il non sfondare al Sud può portare anche in casa del Carroccio, tanto più dopo l’annuncio che dalla ragione sociale della Lega scompare la parola Nord. Tanto che nella nota serale, Salvini assicura: “Sempre più convinto della mia scelta di offrire a tutti i 60 milioni di italiani la nostra proposta politica fondata sull’onestà, concretezza e buona amministrazione”.

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