I big del Pd sostegnono Zingaretti segretario. Renzi all’angolo

I big del Pd sostegnono Zingaretti segretario. Renzi all’angolo
Il governatore del Lazio e aspirante segretario Pd, Nicola Zingaretti
1 luglio 2018

All’eta’ di 53 anni, molti dei quali passati a occuparsi della politica romana, Nicola Zingaretti sembra pronto al grande salto che lo potrebbe portare alla ribalta nazionale. Finalmente, verrebbe da dire. Perche’ il nome del presidente della Regione Lazio e’ spuntato, piu’ o meno, ad ogni tornata elettorale sensibile per il Partito democratico. Accadde quando ci fu da scegliere il successore di Walter Veltroni in Campidoglio e quando si profilo’ la sfida con Gianni Alemanno, dopo la fine della giunta di centrodestra. Preferi’ rimanere da parte, prima alla Provincia e poi alla Regione Lazio. Quella “intesa larga” posta come condizione alla sua candidatura non arrivo’ mai dal partito. Il Campidoglio e’ rimasto cosi’ il grande incompiuto della carriera politica del governatore.

BIG DEL PD CON IL GOVERNATORE 
Ora, l’intesa sembra esserci. Se non larga, almeno pesante. Perche’ con Nicola Zingaretti si stanno schierando, ogni giorno che passa, sempre piu’ esponenti di peso del Pd. A cominciare dai “padri nobili” Valter Veltroni e Romano Prodi. Il professore ha invocato una “fase nuova” che “vada oltre il recinto del Pd”. Parole che sono state interpretate come la volonta’ di liquidare la sua stessa creatura, ma che a ben guardare si sposano con l’operazione alla quale sta lavorando Zingaretti, un allargamento del campo del centrosinistra da attuare in due fasi: tra le forze politiche, recuperando il rapporto con la sinistra, e nella societa’, tessendo una fitta trama che metta insieme amministratori e cittadini, sindaci e associazioni. Senza tenere conto dei pedigree politici. Ad esempio, l’apertura a sindaci come l’ex M5s Federico Pizzarotti o Massimo Zedda e’ totale.

Ma ci sono anche i maggiorenti dem a supportare il tentativo di Zingaretti di “aprire una fase nuova” l’era Renzi. L’ultimo in ordine di tempo e’ Paolo Gentiloni. Dobbiamo ripartire da un’alleanza per l’alternativa, molto ampia, di cui faccia parte anche il Pd, che abbia un contenuto civico”, dice l’ex premier. Ci sono poi Dario Franceschini e Andrea Orlando, prima sostenitori della soluzione Martina, poi convinti che la forza dell’ex segretario – che ha mantenuto fin qui la maggioranza dei gruppi parlamentari – necessitasse di una figura politicamente piu’ forte. Endorsement importanti, ma che il governatore teme possano nuocere, alla lunga, alla costruzione di quel campo largo al quale lavora. “Non mi faccio candidare”, e’ la formula che utilizza piu’ spesso con i suoi diretti interlocutori.

LE MOSSE DEI RENZIANI E L’IPOTESI ORFINI

Questo per quanto riguarda lo schieramento che lo sostiene. Contro, Zingaretti ha l’area che fa capo a Matteo Renzi e che considera una sua eventuale elezione a segretario il primo capitolo di una riedizione dei Democratici di Sinistra. Per questo i renziani provano a dilazionare quanto piu’ possibile l’appuntamento con il congresso, non avendo al momento un nome da spendere in chiave anti Zingaretti. Alcune voci di corridoio indicano in Matteo Orfini il nome su cui Renzi e i suoi potrebbero puntare. Voci bollate come “chiacchiere inutili” dagli stessi renziani. Eppure alcune esternazioni di Orfini potrebbero far pensare a una sua discesa in campo. Tra i due i rapporti sono difficili fin dai tempi dei Democratici di Sinistra, quando Orfini era un esponente dalemiano in ascesa e Zingaretti era gia’ segretario romano, prima, e regionale poi, comunque vicino a Walter Veltroni.

Erano i tempi in cui i dalemiani a Roma era chiamati ‘Talebani’ (ma Al Qaeda era molto in la’ da venire) per una certa propensione alla chiusura, se non al settarismo. Sempre, comunque, anti veltroniani e anti bettiniani. E Goffredo Bettini – kingmaker di molte candidature a Roma, dallo stesso Veltroni a Ignazio Marino – e’ stato anche uno dei piu’ importanti sponsor politici di Nicola Zingaretti. Proprio in questi giorni Orfini ha potuto approfittare di una polemica sorta sulla caduta della giunta Pd di Ignazio Marino, fortemente voluta dal presidente del Pd nel suo ruolo di commissario del partito a Roma. Altro che errore, ha sottolineato, abbiamo salvato il Pd da Mafia Capitale. Questo, nonostante la caduta di Marino – vincitore alle primarie dem contro Paolo Gentiloni ed eletto con oltre 600 mila voti di cittadini romani, il 69,3% – abbia, di fatto, spianato la strada alla vittoria di Virginia Raggi.

Il sospetto in chi sostiene oggi Zingaretti e’ che, se non c’e’ la volonta’ di schierare Orfini al congresso, ci sia almeno il tentativo di “sporcare” la candidatura di Zingaretti. Ma nell’attivismo di Matteo Orfini c’e’ anche, e forse soprattutto, il bisogno di salvare il pacchetto di voti ed eletti che e’ riuscito a guadagnare negli ultimi cinque anni, anche grazie alle posizioni filo renziane tenute dagli orfiniani. Eletti che potrebbero prendere, ora che la fortuna di Renzi e’ in calo, nuove strade. Un primo segnale in questa direzione e’ dato da Mauro Buschini, orfiniano eletto a Frosinone e capogruppo Pd alla Regione Lazio, dato in allontanamento dal presidente dem.

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