Blitz contro la ‘ndrangheta, 24 arresti tra Lombardia e Calabria. In manette anche un sindaco

26 settembre 2017

Su Facebook si presentava come paladino della legalità e della sicurezza. “Noi siamo sempre e comunque con le forze dell’ordine: uomini e donne che ogni giorno, con spirito di sacrificio, mettono a repentaglio la loro vita per cercare garantire la nostra sicurezza”, affermava in una video diretta postata sul popolare social network appena 5 giorni fa. Questa mattina il sindaco di Seregno, comune della Brianza di circa 50 mila abitanti, è finito agli arresti domiciliari: Edoardo Mazza, avvocato civilista di 38 anni, eletto primo cittadino nel 2015 con i voti di Forza Italia e della Lega Nord, è stato travolto dalla maxi operazione dei carabinieri contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia e in particolare nel territorio brianzolo. Gli inquirenti di Monza gli contestano il reato di corruzione soprattutto alla luce dei suoi rapporti con l’imprenditore edile Antonino Lagarà, finito in carcere, ritenuto il trait d’union tra il mondo politico e personaggi legali alla criminalità organizzata. Il costruttore, secondo l’accusa ipotizzata dai pm di Monza Luisa Zanetti, Salvatore Bellomo e Alessandra Rizzo, avrebbe rivestito un ruolo di primo piano nell’elezione di Mazza. Garantendogli un pacchetto di voti sicuri in cambio del via libera per la costruzione di un centro commerciale nell’area Ex Orto, nel territorio comunale di Seregno. “Ogni promessa è un debito”, lo tranquillizzava il sindaco in una telefonata del luglio 2015 intercettata dagli inquirenti e contenuta negli atti di indagine.

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Mazza è diventato sindaco anche grazie al “ruolo dirimente”, per usare le parole di gip di Monza Pierangela Renda, ricoperto da Mario Mantovani, fedelissimo di Silvio Berlusconi, ex vicepresidente della Regione Lombardia ed ex assessore regionale alla sanità, già finito in carcere nell’ottobre 2015 in un’altra inchiesta sulle presunte tangenti nella sanità lombarda e ora sotto processo a Milano per corruzione, concussione e turbativa d’asta. I pm di Monza lo accusano di corruzione: a Palazzo Lombardia, sarebbe stato lui il “politico di riferimento” di Lugarà, uomo dalla “pervasiva capacità di infiltrazione nel territorio e nella politica anche a livello regionale”. Un imprenditore così potente da riuscire a “piazzare” nel consiglio comunale di Seregno un suo uomo di fiducia, Stefano Gatti, pure lui di Forza Italia e pure lui messo ai domiciliari. “Lo abbiamo messo a fare il consigliere e presidente di Giunta… non sapevo chi cazzo mettere… abbiamo messo lui e ha vinto… non ha fatto neanche la campagna elettorale… i voti vabbè me li ha dati Mario”, dice il figlio di Lugarà, Giovanni, in un’intercettazione. Altri due importanti esponenti della giunta comunale di Seregno, il vicesindaco Giacinto Mariani e l’assessore alla protezione civile Gianfranco Ciafrone, sono invece stati colpiti da misure interdittive insieme al dirigente dell’ufficio tecnico del comune Franco Greco.

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Questa è solo una tranche dell’ampia inchiesta, coordinata dalla Procura di Monza e dalla Dda di Milano, che ha portato in tutto a 24 arresti (21 in carcere e 3 ai domiciliari) tra le province di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria. Numerose le accuse contestate a vario titolo: associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento, tutti aggravati dal metodo mafioso). E ancora associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione per un atto d’ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale. In manette sono finiti anche i vertici della locale di Limbiate, altro comune della Brianza. Un gruppo composto soprattutto da persone originarie di San Luca, nel Reggino, che avrebbe trafficato ingenti quantitativi di cocaina, facendo base nel Comasco. “Vogliono mettere in piedi San Luca a Milano … al Nord”, dice uno degli arrestati, intercettato, al telefono. I presunti affiliati in altre telefonate fanno riferimento a “mitra” e “kalashnikov”.

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