Scatta allarme supermercarti, ‘no deal’ svuota scaffali e fa aumentare i prezzi

Scatta allarme supermercarti, ‘no deal’ svuota scaffali e fa aumentare i prezzi
28 gennaio 2019

Prende il via una settimana decisiva per la Brexit. I parlamentari britannici sono al lavoro su diversi emendamenti che saranno votati domani alla Camera dei Comuni, nel tentativo di riportare sui binari l’accordo con l’Ue dopo la pesante bocciatura – il 15 gennaio scorso – dell’intesa raggiunta dalla premier Theresa May. Ma intanto, nel Regno Unito, scatta l’allarme anche all’approvvigionamento di prodotti alimentari qualora maturerebbe una Brexit senza accordo con l’Ue (no deal) . Problemi “significativi” riporta una lettera aperta firmata dai vertici delle principali aziende di grande distribuzione e fast food del Paese (Sainsbury’s, Asda, Marks & Spencer, Waitrose, The Co-op, Lidl, McDonald’s e KFC). “Siamo estremamente preoccupati per le conseguenze sui nostri clienti di una Brexit no deal”, si legge nel testo, diffuso dai media britannici.

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I capi azienda delle catene che hanno aderito all’iniziativa sottolineano di voler “preavvertire sui rischi significativi” che minacciano “il mantenimento” al livello attuale “della scelta, della qualita’ e della durata dei cibi a disposizione dei nostri clienti” nell’ipotesi di un no deal: ipotesi, ammoniscono, destinata a generare “un’inevitabile pressione sui prezzi” a causa dei prevedibili “costi di trasporto piu’ alti, della svalutazione della moneta e dei dazi”. I firmatari evidenziano poi come la situazione possa rivelarsi ancor piu’ difficile a fine marzo (data prevista per il divorzio di Londra da Bruxelles) trattandosi di un momento di difficolta’ “piu’ acute” per la distribuzione di diversi prodotti alimentari che nel Regno sono “fuori stagione”: con il 90% delle verdure fresche e il 70% della frutta “importati dall’Ue in quel periodo dell’anno”.

Di qui l’appello al governo e al Parlamento a “trovare urgentemente una soluzione per evitare lo shock di una Brexit no deal il 29 marzo e rimuovere questi rischi per i consumatori”. Sul fronte Bruxelles, la Commissione europea discutera’ mercoledi’ nella riunione del collegio altri piani di emergenza in caso di uscita del Regno Unito dall’Ue senza accordo. Lo ha annunciato il portavoce della stessa Commissione, Margaritis Schinas. Una prima serie di misure di emergenza in caso di ‘no-deal’ era gia’ stata approvata in dicembre dall’esecutivo comunitario. Sempre mercoledi’ il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, partecipera’ al dibattito all’Europarlamento sulla Brexit. Il portavoce ha ricordato che l’accordo concluso a dicembre tra l’Ue e il governo di Theresa May “non e’ aperto a rinegoziati”.

I possibili scenari, in vista del 29 marzo

BREXIT SENZA ACCORDO Lo spettro di un ‘no deal’ si e’ riaffacciato minaccioso dopo il voto a Westminster che ha trasformato le 585 pagine dell’intesa May in cartastraccia. Il divorzio ‘non consensuale’ causerebbe danni imponenti all’economia di entrambe le parti e molti parlamentari vorrebbero evitarlo. Secondo May pero’ allo stato attuale “e’ impossibile escludere” questo scenario. E’ dello stesso avviso anche il capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier: “Opporsi senza presentare una soluzione alternativa non impedira’ il no deal a marzo”, ha ammonito.

NUOVO ACCORDO May continua a sperare di strappare a Westminster, grazie anche al coinvolgimento dell’opposizione, un nuovo accordo da presentare a Bruxelles. Il punto dirimente resta il backstop irlandese per evitare un confine duro tra Dublino e Belfast. E anche se la titolare del 10 di Downing Street dovesse riuscire nell’impresa di ottenere la benedizione della maggioranza parlamentare, la nuova proposta dovra’ essere comunque approvata dagli altri 27 Stati membri dell’Ue, che finora si sono mostrati poco inclini a rivedere il piano gia’ approvato. Tuttavia, secondo il ministro delle Finanze britannico Philip Hammond, l’Ue potrebbe accettare un compromesso per uscire dallo stallo.

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RINVIO Brexit L’opzione di rinvio e’ stata finora respinta da Theresa May, ma il Parlamento potrebbe costringerla a fare la richiesta all’Ue, approvando l’emendamento Yvette Cooper che sara’ discusso martedi’. Il testo porterebbe la Camera a un dibattito e a un voto che imporrebbe al governo di chiedere un rinvio della data di divorzio. Le imminenti elezioni europee, previste per la fine di maggio, tuttavia, complicano la situazione: se la Gran Bretagna dovesse essere ancora membro dell’Unione europea in quella data, gli inglesi dovrebbero eleggere i loro deputati al Parlamento europeo. Qualsiasi richiesta di posticipazione dovra’ essere approvata dal 27. “Un’estensione dopo il 29 marzo e’ possibile ma non oltre il 30 giugno, data in cui sara’ costituito il nuovo Parlamento europeo”, fanno sapere alcuni fonti diplomatiche.

UN SECONDO REFERENDUM Anche questa e’ un’opzione esclusa da Theresa May ma viene richiesta dai parlamentari pro Ue. Lo scenario resta pero’ una ipotesi secondaria negli emendamenti presentati alla Camera dei Comuni. Inoltre resta da decidere su cosa vertera’ l’eventuale secondo referendum.

NUOVE ELEZIONI I britannici tornerebbero alle urne in due casi. Il primo in con la sfiducia del governo da parte del Parlamento. Ipotesi gia’ scartata con la bocciatura della mozione presentata dal leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn. L’altra possibilita’ e’ che Theresa May convochi le elezioni. La premier correrebbe il rischio di perdere il suo posto, ma e’ uno dei pochi margini di manovra che le rimangono per uscire dallo stallo per evitare un no deal e non cedere al secondo referendum. Nuove elezioni generali significherebbero posticipare la data della Brexit.

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