May e il piano B, ma premier non molla: “Il 29 marzo fuori dall’Ue”

9 gennaio 2019

Seconda sconfitta in due giorni sulla Brexit per il governo di Theresa May: nella riapertura del dibattito ai Comuni sull’accordo per il divorzio dalla Ue, la Camera ha approvato con 308 voti favorevoli e 297 contrari l’emendamento promosso dal deputato Tory ed ex ministro della Giustizia, Dominic Grieve, che costringe la premier a tornare ai Comuni “entro tre giorni lavorativi” e non 21, come stabilito finora, con un piano B alternativo al no deal, in caso il Parlamento bocci la prossima settimana l’accordo.

Un eventuale rinvio dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, fissata attualmente per il 29 marzo prossimo, comporterebbe delle “complicazioni” a livello giuridico, anche per il Parlamento Europeo che si appresta a terminare la legislatura, ha spiegato invece il presidente dell’Aula Antonio Tajani, incontrando i corrispondenti italiani a Bruxelles. “Bisognerà valutare tutto – ha aggiunto Tajani – bisogna vedere dal punto di vista giuridico che cosa si può fare, intanto se accettare la richiesta e vedere come avviare una fase diversa. Da un punto di vista giuridico ci sarebbero delle complicazioni, ma bisogna studiare”. Da un punto di vista politico, ha proseguito, “è auspicabile trovare un accordo, ma non è che possiamo cambiarlo: ormai lo abbiamo trovato e su quello rimaniamo. Non può essere una scusa per cambiare l’accordo di ritiro” del Regno Unito dall’Ue. Ma la May non molla. La Gran Bretagna “uscira’ dall’Ue il 29 marzo e io voglio che esca con l’accordo” di divorzio raggiunto con Bruxelles a novembre, ha detto la premier. 

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Tornando all’emendamento votato dalla Camera, finora le linee guida della legge sul recesso dall’Ue, nel testo approvato originariamente dal parlamento britannico, prevedevano che il governo avesse 21 giorni di tempo dopo l’ipotetica bocciatura del suo accordo per ritornare in aula. E lo obbligava solo a fare una dichiarazione, con la possibilita’ di formalizzare l’avvio di una Brexit no deal entro quello stesso termine e comunque senza sottoporsi a ulteriori voti. L’ipotesi piu’ gettonata di un possibile piano B – alternativo all’accordo raggiunto da Theresa May con Bruxelles e in grado sulla carta di cercare raccogliere una maggioranza trasversale – e’ secondo i media quello di un divorzio piu’ soft ispirato al cosiddetto modello ‘Norvegia plus’: in base al quale il Regno Unito pur uscendo dall’Ue mirerebbe a restare sostanzialmente parte del mercato unico e anche dell’unione doganale. La decisione dello speaker dei Comuni, John Bercow, di ammettere l’emendamento Grieve, poi approvato, ha scatenato l’ira dei conservatori brexiteers come pure del governo, trattandosi di una scelta procedurale senza precedenti in casi del genere. E potrebbe innescare la presentazione di un atto di sfiducia contro lo stesso Bercow, accusato da alcuni deputati di non essere piu’ imparziale sul dossier Brexit.

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