Brexit: May vacilla sempre di più, tra i papabili favorito Gove

Brexit: May vacilla sempre di più, tra i papabili favorito Gove
Il primo ministro, Theresa May
25 marzo 2019

La Primo ministro Theresa May ha presieduto questa mattina una cruciale riunione di governo per aggiornare i suoi ministri sulla sua strategia di Brexit dopo un fine settimana quasi disastroso cominciato con la oceanica marcia di Londra per un secondo referendum e terminato con la notizia – poi smentita – del Sunday Times di un complotto per farla dimettere di almeno sei suoi ministri e un incontro nella sua residenza di campagna di Chequers con i Brexiteers più irriducibili fra cui Boris Johnson, Jacob Rees-Mogg e Iain Duncan Smith, che sono rimasti arroccati sulla loro opposizione al deal siglato dalla premier con Bruxelles.

E anche se alcuni dei ministri indicati come “traditori” e come suoi potenziali successori – fra cui quello dell’Ambiente Michael Gove e il vice premier de facto David Lidington – le hanno nel pomeriggio di ieri ribadito il loro sostegno – oggi, riferisce la Bbc, lo hanno fatto anche la titolare del dicastero del Lavoro, Amber Rudd, e il ministro del Commercio internazionale, Liam Fox – la sua leadership sembra vacillare sempre di più. Il Sun ha scritto che se May fisserà una data per le sue dimissioni – secondo i roumors sarebbe addirittura già pronta a questa evenienza – il suo accordo di divorzio dall’Ue potrebbe avere più chance di ottenere l’avallo anche dei Tories più recalcitranti e degli unionisti nordirlandesi del Dup. L’accordo in questione è stato già bocciato due volte ai Comuni e resta poco chiaro se May intende sottoporlo al voto una terza volta questa settimana, avendo scritto una lettera ai deputati in cui ha chiarito che lo farà solo se ci saranno i “numeri sufficienti”.

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Ma ancora oggi, la premier britannica ha detto al Parlamento di non avere ancora il sostegno “sufficiente” per proporre il terzo voto sul suo piano di Brexit, già bocciato due volte. May ha detto di essere “scettica” sull’utilità dei cosiddetti voti “indicativi” al via stasera e ha sottolineato che il governo resta concentrato sul raggiungimento di un consenso ai Comuni per un piano alternativo se il suo accordo sul divorzio dall’Ue non verrà approvato. Inoltre, la premier non ha mancato di esprimere la sua “frustrazione”. In sostanza, resta poco chiaro come intende muoversi la Primo ministro anche se sembra convinta a tentare il tutto per tutto per salvare in extremis il suo accordo dopo essere stata costretta questa settimana ad accettare un rinvio della Brexit al 22 maggio, e al 12 aprile se non l’accordo non verrà approvato.

Tra i papabili favorito Gove 

Con i rumours sempre più insistenti che Theresa May potrebbe traslocare da Downing Street da un momento all’altro, la stampa britannica fin da ieri ha lanciato il totonomi per la successione alla Primo ministro.

MICHAEL GOVE, ministro dell’Ambiente, una cocente sconfitta alle ultime elezioni per la leadership dei Tory forse non ancora digerita, è attualmente indicato dai media come il favorito nella corsa per sostituire Theresa May, per le sue istanze a favore di una hard Brexit. Nel giugno 2016, Gove, allora manager della campagna per la successione di Boris Johnson a David Cameron, ritirò il suo endorsement la mattina in cui l’ex sindaco di Londra avrebbe dovuto candidarsi ufficialmente per gettarsi inaspettatamente nell’agone. Gove risultò terzo nel primo round del voto, dietro alla vincitrice finale Theresa May e ad Andrea Leadsom. Nativo di Edimburgo, il 51enne Gove ha studiato inglese a Oxford e faceva il giornalista prima di diventare deputato. Ieri ha smentito le voci secondo le quali ambirebbe alla poltrona di May dicendo ai giornalisti che non è “il momento di cambiare il capitano della nave”

DAVID LIDINGTON, vice de facto di May, è considerato il successore naturale della premier britannica anche se ha detto che non ambisce alla poltrona del capo. “Lavorare a stretto contatto con la Primo ministro ti fa passare completamente qualsiasi velleità di volere ricoprire tale carica”, ha commentato. Lidington, 62 anni, è deputato dal 1992 ed è stato ministro per l’Europa dal 2010 al 2016. Fra i Brexiteer più irriducibili ed ex ministro degli Esteri, BORIS JOHNSON è stato la voce di punta dell’opposizione all’accordo di divorzio dall’Ue di May. L’eccentrico ex primo cittadino di Londra è stato uno dei leader principali della campagna pro-Brexit nel 2016 e si è dimesso dopo il summit dei Chequers a luglio perchè nettamente contrario al piano di divorzio dall’Ue di May. Indicato dai più come il successore di David Cameron nel 2016, fu costretto a tirarsi fuori dalla corsa alla leadership dopo il “tradimento” dell’ultimo minuto di Michael Gove. Le possibilità che possa sostituire May sono scarse, ma potrebbe avere il sostegno di molti pro-Brexit del partito.

Il 52enne JEREMY HUNT, attuale ministro degli Esteri, è stato un convinto Remainer nel referendum del 2016 e ha sostituito Boris Johnson dopo le sue dimissioni. Nel 2016 aveva deciso di non partecipare alle elezioni per la leadership offrendo invece il suo pieno sostegno a Theresa May. Dopo il referendum Hunt ha cambiato rotta avvicinandosi al campo degli euroscettici.

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