Canada accusa l’Ue e lascia i negoziati per il Ceta: “Incapace di arrivare a un accordo”

Canada accusa l’Ue e lascia i negoziati per il Ceta: “Incapace di arrivare a un accordo”
22 ottobre 2016

L’accusa è di quelle pesanti. La ministra del commercio con l’estero del Canada, Chrystia Freeland, ha abbandonato il negoziato per l’accordo commerciale con l’Europa a 28. “Sembra ovvio a me, e al Canada, che l’Unione europea – ha detto – è incapace di arrivare a un accordo internazionale, anche con un paese come il Canada che è di grande valore per l’Europa, e con un paese paziente come il Canada”. Freeland (foto) ha abbandonato le trattative con la Vallonia, l’ultimo ostacolo per poter sottoscrivere l’intesa commerciale con l’Unione europea. “Il Canada è dispiaciuto – ha detto a una tv belga – e lo sono anche personalmente. Ho lavorato duramente per questo accordo ma penso sia impossibile. Abbiamo deciso di tornare a casa e siamo molti delusi”. Fonti della Commissione europea riconoscono lo stop alle trattative ma non considerano che il negoziato sia saltato in modo definitivo.

La Vallonia giudica “insufficiente” l’ultima ipotesi di compromesso per sbloccare l’intesa. Dopo la decisione della delegazione canadese di abbandonare i negoziati, il leader della Vallonia, Paul Magnette, ha dichiarato all’agenzia Afp che “abbiamo bisogno di un pò di tempo. La democrazia richiede tempo. Non sto chiedendo mesi ma non è possibile finalizzare un iter legislativo in due giorni”. E senza l’approvazione dell’accordo commerciale con la Canada, il Ttip, già molto discusso, andrebbe definitivamente in soffitta. Senza il via libera della regione francofona, il Belgio non può ratificare l’accordo commerciale con il Canada. A non convincere i valloni è in particolare la clausola sulla protezione degli investimenti esteri. La stessa norma che Bruxelles ha proposto di inserire agli Stati Uniti nel Ttip con il doppio effetto negativo di non convincere gli Stati Uniti e neppure gli oppositori del trattato.

calenda

Carlo Calenda

“Le dichiarazioni del ministro canadese Freeland, qualora fossero confermate, circa la volonta’ canadese di uscire dal Ceta sarebbero la dimostrazione del gravissimo errore commesso dall’Unione Europea e rappresenterebbero la fine della nostra politica commerciale. Questo accordo, unanimemente considerato come il migliore mai raggiunto dall’Ue e il cui valore strategico per la politica commerciale europea e’ essenziale, e’ messo a rischio non per il suo contenuto ma a causa delle procedure interne all’Unione ed ai suoi Stati membri”. Lo afferma il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. “In previsione di questo e proprio per evitare quanto poi accaduto – aggiunge – l’Italia, unico Paese in Europa, si era assunta la responsabilita’ di invitare le istituzioni e gli stati membri dell’Ue a considerare l’accordo come ‘Ue only’, sottolineando come in questo caso il percorso che conduce alla firma ed alla successiva ratifica fosse legittimo e democratico prevedendo l’approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo. Tale strada si configurava chiaramente come l’unica in grado di mettere in scurezza il Ceta. Le conseguenze di un eventuale fallimento del Ceta ricadranno sull’intera politica commerciale Ue ed e’ ora essenziale utilizzare i pochi giorni che ci separano dal vertice Ue-Canada per salvare questo accordo, sperando che vi siano ancora i margini per farlo, e lanciare una urgente riflessione in Consiglio Ue per rivedere queste procedure e renderle compatibili con una politica commerciale efficace. E’ infatti impensabile che i benefici economici del Ceta, destinati a una comunita’ di mezzo miliardo di cittadini, siano messi a rischio da un parlamento locale di uno Stato membro. Ricordo”, conclude Calenda, “che il Ceta prevede il riconoscimento, per la prima volta in un paese anglosassone extra Ue, di 41 indicazioni geografiche italiane e un accesso pressocche’ totale agli appalti pubblici. Due dei dossier piu’ difficili nel negoziato con gli Usa”

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La Vallonia – il cui parlamento dice ‘no’ al Ceta, il trattato di libero scambio Ue-Canada – e’ una regione del sud del Belgio, leggermente piu’ piccola del Lazio, di circa 3 milioni di abitanti. E’ una delle tre entita’ regionali in cui e’ suddivisa la federazione belga, a cui si aggiungono le tre comunita’ linguistiche, quella francofona, quella fiamminga e quella germanofona, anch’esse considerate entita’ federali e politicamente rilevanti ed autonome. La Vallonia, con capitale Namur, e’ francofona, cioe’ di lingua francese. Le altre due regioni federali sono le Fiandre, di lingua fiamminga e la regione di Bruxelles, bilingue. La Vallonia ha un Parlamento autonomo di 75 membri, che lo scorso 10 ottobre ha votato contro il Ceta, il trattato di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada. In pratica la Vallonia ha posto il veto alla firma da parte del Belgio al trattato tra Ue e Canada. Con 44 voti favorevoli e 22 contrari i valloni hanno approvato una risoluzione in cui il Parlamento chiede al governo vallone di non accordare pieni poteri al governo federale per siglare il Ceta. “Non daro’ mai pieni poteri al governo federale” ha dichiarato il capo del governo vallone, il socialista, Paul Magnette. Il parlamento vallone, in quanto organo legislativo federale, ha competenza sui trattati internazionali e dunque ha il potere di bloccare l’eventuale ratifica del Ceta da parte del governo e del Parlamento nazionale. “Non siamo anti-atlantisti – spiega la parlamentare socialista vallone Olga Zrihen – ne’ siamo contro il libero scambio, la nostra non e’ un’opposizione al Canada, perche’ l’assenza di garanzie che denunciamo nel trattato vale anche per la societa’ civile canadese”.

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Preoccupazioni arrivano da Confindustria. “Il veto del Parlamento vallone impedisce al Consiglio Ue la firma, al vertice Ue-Canada previsto per il 27 ottobre, dell’accordo di libero scambio. Ora, a meno di soluzioni in extremis, appare davvero difficile farcela. Dispiace aver perso credibilita’ di fronte a un partner moderno ed avanzato e di importanza economica e commerciale strategica come il Canada, al quale abbiamo dimostrato la fragilita’ dei nostri processi decisionali”. Lo afferma Lisa Ferrarini Vice Presidente Confindustria per l’Europa. “Come aveva avvertito il Governo italiano, non si doveva attribuire carattere misto a quest’accordo e la Ue doveva mantenere le sue prerogative, assumendosi fini in fondo la responsabilita’ di firmarlo – aggiunge -. Senza nulla togliere alla necessaria democraticita’ dei meccanismi europei, non e’ pensabile che il posizionamento strategico della Ue nello scacchiere del commercio internazionale divenga oggetto di veto a livello nazionale, dopo che i negoziati sono stati conclusi sulla base di un mandato approvato e sottoscritto da tutti i 28 Stati membri. Il Ceta prevede un incremento dell’interscambio del 23% pari a circa 26 miliardi di euro con un aumento delle esportazioni Ue del 24,3% attraverso l’abbattimento dei dazi sul 99% delle linee tariffarie – spiega la Ferrarini -. In piu’, il Ceta offre la liberalizzazione degli appalti pubblici e un ottimo livello di tutela delle Iigg, priorita’ italiane difficilmente perseguibili con altri paesi. Se il fallimento sara’ confermato, sara’ l’ennesima brutta notizia per l’Europa e le sue imprese”.

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