Caso Marrazzo, il tribunale ordina due perizie. Al setaccio video e contatti telefonici

Caso Marrazzo, il tribunale ordina due perizie. Al setaccio video e contatti telefonici
8 settembre 2017

Sembra non conoscere la parola ‘fine’ il processo che vede imputati quattro carabinieri ‘infedeli’ della compagnia Trionfale che il 3 luglio del 2009 avrebbero tentato di ricattare l’allora Governatore del Lazio, Piero Marrazzo, ripreso con un telefonino cellulare nella casa di via Gradoli del trans Natali. I giudici della nona sezione penale del tribunale di Roma, che hanno in mano il procedimento dal 2012 dopo i rinvii a giudizio decisi dal gup Stefano Aprile il 22 febbraio di quell’anno, hanno accolto alcune istanze delle difese e hanno disposto due perizie che inevitabilmente comporteranno un allungamento dei tempi del dibattimento: una riguarda proprio il video che due dei quattro carabinieri girarono in occasione di quel blitz in casa del viado (e che prima o poi sara’ oggetto di contraddittorio tra le parti in aula), e un’altra i contatti telefonici tra due imputati e altri soggetti entrati indirettamente nella vicenda. Non solo ma uno dei giudici ‘a latere’ e’ destinato entro breve a ricoprire un nuovo incarico in corte d’appello e potra’ prendere parte al processo soltanto come ‘applicato’. Deve essere, infine, ancora completato l’esame degli imputati: solo il carabiniere Luciano Simeone ha fin qui preso la parola (lo scorso aprile) per respingere le pesantissime accuse mosse dalla Procura (che contesta a vario titolo i reati di associazione per delinquere, falso, calunnia, perquisizione arbitraria, violazione di domicilio, violazione della privacy, rapina, ricettazione e violazione della legge sugli stupefacenti). Il tribunale deve acquisire le versioni degli altri due carabinieri accusati del blitz ai danni di Marrazzo (Carlo Tagliente e il maresciallo Nicola Testini che il 3 luglio del 2009 era in ferie in Puglia) e dell’altro collega di caserma Antonio Tamburrino che risponde della sola ricettazione del video. Per la sola sentenza di primo grado, dunque, si dovra’ attendere il 2018 ben nove anni dopo lo svolgimento dei fatti.

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