Centri controllati in Europa e accordi regionali esterni, dall’Ue anche 6mila euro per ogni migrante

Centri controllati in Europa e accordi regionali esterni, dall’Ue anche 6mila euro per ogni migrante
24 luglio 2018

Per dar seguito alle conclusioni dei capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo di giugno, nonché alle richieste dell’Italia, la Commissione europea ha presentato oggi a Bruxelles due “non paper” (chiamati anche “concept paper”) sulle possibili modalità operative sia dei nuovi “centri controllati” per la gestione immediata e temporanea dei migranti soccorsi in mare e sbarcati nell’Unione (con la loro immediata redistribuzione fra diversi paesi Ue volontari), sia delle eventuali intese coi paesi terzi sulle cosiddette “piattaforme regionali di sbarco” in porti sicuri al di fuori dell’Ue.

Le due proposte della Commissione saranno esaminate domani, sempre a Bruxelles, dagli ambasciatori dei Ventotto nel Coreper, il Comitato tecnico dei rappresentanti permanenti che prepara i lavori del Consiglio Ue, e poi discusse in una riunione a Ginevra il 30 luglio con l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione Mondiale per i Rifugiati (Oim), che sono all’origine di questi due “concetti” e che avranno un ruolo centrale da svolgere, con il supporto dell’Unione, soprattutto per quanto riguarda le future “piattaforme regionali di sbarco” nei paesi terzi.

Insieme, e in modo parallelo e complementare, “i due concetti dovrebbero concorrere a concretizzare una condivisione autentica della responsabilità a livello regionale nella risposta alle sfide complesse poste dalla migrazione”, afferma la Commissione in una nota. L’obiettivo primario dei “centri controllati” nell’Ue sarebbe quello di migliorare e rendere molto più rapido, con il supporto finanziario e operativo dell’Ue (e in particolare l’intervento di squadre di esperti composte dal personale di Frontex, di Europol e dell’Agenzia Ue per l’Asilo, Easo), il processo di distinzione tra le persone bisognose di protezione internazionale e i migranti irregolari che non hanno diritto di restare nell’Ue, accelerando al contempo i rimpatri di questi ultimi.

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I centri non sarebbero necessariamente ubicati nei paesi di primo arrivo. Con la redistribuzione volontaria (sull’esempio di quanto accaduto recentemente dopo lo sbarco a Pozzallo), lo Stato membro che si fa carico di una parte dei migranti sbarcati riceverà dall’Ue 6.000 euro per persona, più 500 euro per il trasferimento. La Commissione propone di avviare appena possibile una fase pilota per sperimentare l’applicazione di questo concetto, con un approccio flessibile. L’Escutivo Ue fungerà da cellula centrale di coordinamento (la “cabina di regia” che aveva richiesto il governo italiano) per gli Stati membri che partecipano agli sforzi di solidarietà: si tratterà di una misura temporanea in attesa che possa essere creato un vero e proprio sistema nel contesto delle riforme in corso del sistema europeo comune di asilo di Dublino.

La proposta della Commissione europea contiene delle cifre piuttosto precise per quanto riguarda le “squadre di sbarco” europee di supporto che saranno inviate per i “centri controllati”. Per ogni gruppo di 500 migranti sbarcati, in media, dalla nuova Agenzia europea di Guardia costiera e di frontiera saranno messi a disposizione 50 agenti, più 50 interpreti, fra i 20 e i 40 agenti di scorta per i rimpatri e fra i 5 e i 10 esperti per facilitare la comunicazione con i paesi di origine e gli accordi per i voli di ritorno.

Inoltre, da Europol arriveranno tra i 10 e 20 esperti incaricati dei “controlli di sicurezza secondari”, mentre l’Agenzia Ue per l’Asilo fornirà fra i 20 e 35 esperti di “screening” per i richiedenti asilo, fra i 25 e i 35 esperti per completare le procedure per la protezione internazionale, fra i 10 e 25 esperti per facilitare i trasferimenti negli altri paesi membri volontari, più 50 interpreti e mediatori culturali. Il personale medico e sanitario sarà messo a disposizione dagli Stati membri.

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L’ambizione della Commissione è che tutte le procedure per ogni migrante ospitato in centro controllato siano completate entro otto settimane al massimo; e questo – insieme a condizioni più rispettose dei diritti umani e della dignità delle persone – dovrebbe fare la differenza rispetto ai famigerati campi di detenzione sperimentati in diversi Stati membri con diversi nomi, dove la permanenza, spesso in cattive condizioni, poteva protrarsi anche per molti mesi. I costi dei centri controllati potranno essere coperti, su richiesta dello Stato membro ospitante, dai finanziamenti Ue dei programmi Amif (Asylum, Migration and Integration Fund) e Isf (Internal Security Fund).

Oltre all’istituzione di “centri controllati” all’interno dell’Ue, la Commissione sviluppa con il suo secondo “non paper” di oggi il concetto delle “piattaforme di sbarco” all’esterno dell’Unione, da realizzare attraverso “intese regionali di partenariato” con i Paesi terzi, in stretta cooperazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Obiettivo delle intese regionali con i Paesi terzi (dove “regionale” significa che vi partecipano diversi Stati di una determinata area geografica) è fare in modo che i migranti soccorsi in mare possano essere sbarcati rapidamente e in condizioni di sicurezza, su entrambe le sponde del Mediterraneo, nel rispetto del diritto internazionale, compreso il principio di non respingimento (“non-refoulement”), e che la fase successiva allo sbarco sia gestita in modo responsabile, sotto il controllo dell’Unhcr e dell’Oim.

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Questi due organismi internazionali dovranno assicurare che siano rispettati i diritti umani e la dignità dei migranti sbarcati, e che queste persone possano ricevere protezione, se ne hanno bisogno, anche attraverso i programmi di reinsediamento (accettazione volontaria da parte di Paesi Ue dei richiedenti asilo basati in campi profughi di Paesi terzi); oppure, se non risultano bisognose di protezione, che siano rimpatriate, in particolare attraverso i programmi di rimpatrio volontario assistito e di reinserimento condotti dall’Oim. Verrà sviluppata quindi una collaborazione con i Paesi terzi interessati partendo dai partenariati già esistenti con l’Ue: a questi Paesi sarà offerto un sostegno personalizzato, ritagliato sulla specifica situazione politica, socioeconomica e di sicurezza di ciascuno di essi.

E’ chiaro che, concretamente, questo significa che dovranno essere creati dei “centri di accoglienza” (il governo italiano li chiamava “centri di protezione” e l’Unhcr “piattaforme regionali di sbarco”) in cui raccogliere inizialmente i migranti soccorsi in mare e sbarcati in un “porto sicuro” fuori dall’Ue. Inoltre, i Paesi terzi partecipanti, sempre su base volontaria, dovranno accordarsi fra loro e con l’Unione per stabilire e gestire questi centri. Stranamente, però, la Commissione menziona appena questi “centri” o “punti” di accoglienza esterna all’Ue, paventando probabilmente le reazioni di opposizione preventiva che potrebbero venire dai Paesi terzi non ancora consultati su questa iniziativa.

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Il primo atto di questa “regionalizzazione” degli sbarchi esterna all’Unione europea sarà comunque l’incoraggiamento a tutti i Paesi terzi costieri del Mediterraneo affinché istituiscano zone di ricerca e soccorso (Sar) e centri di coordinamento del soccorso in mare (Mrcc). L’Ue si dice poi “pronta a offrire sostegno finanziario e operativo per le attività legate agli sbarchi e alla fase successiva”, come viene chiamata, pudicamente, la gestione dei migranti nei “campi di accoglienza”. Il sostegno finanziario europeo si estenderà anche alla gestione delle frontiere, tramite mezzi (come le motovedette per la guardia costiera), formazione ed altre forme di assistenza.

La Commissione europea, tuttavia, vuole a tutti i costi evitare che la creazione di questi centri costituisca un “fattore d’attrazione” (“pull factor”) per i migranti economici irregolari e per i richiedenti asilo. Per questo, l’Esecutivo Ue sottolinea che “non tutte le persone sbarcate che necessitano di protezione internazionale potranno fruire delle possibilità di reinsediamento”, e propone di “predisporre centri di accoglienza in luoghi il più possibile lontani dai punti di partenza irregolare”. Altro problema di non facile soluzione è quello della possibile detenzione dei migranti in veri e propri “campi” come quelli famigerati in Libia, una prospettiva che l’Ue vuole evitare.

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“Le intese regionali sugli sbarchi comportano la predisposizione di un complesso di regole e procedure finalizzate a uno sbarco e una fase successiva gestiti con ordine in condizioni di sicurezza, nel totale rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani”, afferma la Commissione. Ma resta da dimostrare che il controllo esercitato dall’Oim e dall’Unhcr e la presenza più o meno attiva dell’Ue riusciranno a impedire che i centri di accoglienza si trasformino in campi di detenzione. Comunque, precisa la Commissione, soltanto dopo che gli Stati membri avranno concordato un approccio comune a livello di Ue si rivolgeranno proposte ai Paesi terzi interessati riguardo alle intese regionali di sbarco. askanews

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