Cnr, le montagne si scaldano più rapidamente

Cnr, le montagne si scaldano più rapidamente
26 maggio 2015

DombaiCon aspetti che per certi versi ricordano l’ambiente artico, le regioni montane d’alta quota sono soggette a un riscaldamento spesso più intenso e più rapido di quello delle regioni circostanti, con possibili cambiamenti del ciclo idrologico e nella disponibilità di risorse idriche, perdita di biodiversità, possibile estinzione di alcune specie di flora e fauna. È quanto ha messo in luce, in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, un team internazionale di scienziati che coinvolge l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Torino. “Studiare i cambiamenti in corso alle alte quote non è facile”, afferma Elisa Palazzi dell’Isac-Cnr e co-autrice dell’articolo. “Le montagne sono ambienti variegati, caratterizzati da una rapida alternanza di paesaggi e microclimi che rendono difficile acquisire una visione di insieme. I dati provenienti da queste regioni remote e di difficile accesso sono scarsi, talvolta inesistenti. Monitorarle in modo efficace è ancora molto dispendioso e costituisce una sfida scientifica e tecnologica importante”. La densità di stazioni meteorologiche al di sopra dei 4.500 metri sopra il livello del mare è circa un decimo di quella nelle regioni sottostanti. Al di sopra dei 5.000 metri non sono disponibili serie storiche lunghe di dati osservati, cruciali per rilevare le tendenze climatiche: la più lunga oggi disponibile, sulla vetta del Kilimanjaro, è relativa a circa 10 anni, periodo troppo breve per stimare i trend.

“Nonostante queste difficoltà e le incertezze, le misure disponibili indicano che in molte regioni di alta quota si assiste davvero a un aumento delle temperature più rapido che nelle aree circostanti”, prosegue la ricercatrice Isac-Cnr. “L’esempio più significativo è costituito dal Plateau Tibetano, l’altopiano più alto al mondo, comprendente gran parte della catena himalayana. Tra il 1961 e il 2012 si è assistito a un aumento continuo di temperatura di 0.3-0.4 °C/decade, maggiore man mano che si sale di quota. Se valutato nel periodo più recente 1991-2012, il trend si attesta attorno a 0.7 °C/decade al di sopra dei 4.000 metri e 0.3-0.4 sotto i 2500 metri”.”Informazioni dettagliate sulle regioni montane permetterebbero di determinare con anticipo l’evoluzione prevedibile nei prossimi decenni e di preparare misure adeguate di prevenzione, adattamento e mitigazione. È quindi essenziale migliorare le capacità osservative sia con strumenti e reti di monitoraggio in quota sia da satellite, e affiancare alle misure simulazioni di modelli climatici ad alta risoluzione”, conclude Palazzi: “Un obiettivo irraggiungibile senza finanziamenti adeguati e accordi e collaborazioni a livello internazionale”. Il team che ha collaborato alla stesura dell’articolo comprende ricercatori provenienti da Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera, Canada, Ecuador, Pakistan, Cina, Italia, Austria e Kazakistan, che hanno analizzato e interpretato dati di temperatura misurati negli ultimi 60-70 anni in diverse regioni di montagna del mondo.

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