Cnr: “Pesce biologico nelle mense, è buono e conviene”

7 aprile 2014

Una ricerca condotta dell’Istituto di biologia ambientale e forestale del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibaf-Cnr) valorizza le specie di acquacoltura biologiche autoctone adatte al consumo soprattutto dei bambini. “Abbiamo affrontato, per la prima volta in Italia, la filiera acquacoltura dall’allevamento di spigola e orata negli impianti sperimentali, passando per la distribuzione e la trasformazione, fino al consumo nelle mense”, spiega Elena Pagliarino dell’Istituto di ricerca sull’impresa e sullo sviluppo (Ceris) del Cnr, responsabile della ricerca. “Possiamo concludere che – aggiunge – con una buona gestione degli impianti e una corretta formulazione dei mangimi, il pesce di acquacoltura rappresenta una valida fonte di elementi nutrizionali essenziali per una dieta corretta”. Un gruppo dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) ha monitorato le caratteristiche nutrizionali del pesce di acquacoltura biologica e convenzionale rispetto al pescato. “Le orate di allevamento- spiega la Pagliarino- presentano livelli di acidi grassi omega-3 ben otto volte superiori a quelli delle spigole di allevamento e 2,5 volte superiori alle spigole di cattura, mentre nelle spigole di allevamento i livelli sono più bassi rispetto alle spigole selvatiche”.

I dati “rilevano che l’orata allevata è la specie ittica che offre il maggior apporto di omega-3 – dice ancora la Pagliarino -. Per quanto riguarda gli elementi tossici, piombo e cadmio- spiega- nei campioni allevati i livelli risultano al di sotto dei limiti di legge, mentre nel pesce selvatico il piombo risulta pari o leggermente superiore ai limiti”. Il pesce di allevamento presenta però “una quantità maggiore di grassi, a causa dell’utilizzo di mangimi composti da farine e oli di pesce e vegetali, senza differenze sostanziali tra allevamento biologico e convenzionale”. Dal punto di vista economico, invece, i maggiori costi del pesce biologico incidono in modo molto  più marginale di quanto si pensi: un euro in più per ogni chilogrammo di pesce incide sul costo pasto per lo 0,6%.

“I bambini coinvolti nel progetto educativo mangiano progressivamente sempre un po’ di più della loro porzione di pesce – prosegue la Pagliaro – e alla fine dell’anno scolastico gli scarti sono del 7%, contro uno scarto medio del 40% circa degli altri bambini. L’analisi del gradimento delle varie specie ittiche rileva forti differenze trota e orata, somministrate a progetto educativo inoltrato, registrano la minore percentuale di scarto, rispettivamente del 12 e 11. La spigola proposta all’inizio della fase educativa – conclude Pagliarino – ha uno scarto medio del 32%, quello di merluzzo e platessa somministrate senza alcun intervento educativo è del 43%”.

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