Commissione e parlamento, parte il toto nomine

27 maggio 2014

La premessa che tra Bruxelles e Strasburgo si invita a tenere ben presente è che una cosa è la Commissione un’altra il Parlamento. La prima è frutto di trattative intergovernative, il secondo tiene conto degli equilibri parlamentari. Detto ciò, difficilmente lo stesso Paese potrà portare a casa presidente di Commissione e presidente dell’Europarlamento. Sarà determinante capire se Jean-Claude Juncker, il candidato del Ppe che di fatto ha vinto le elezioni (anche se con una clamorosa emorragia di voti e deputati), riuscirà a formare la maggioranza per avere la presidenza di Commissione. Il suo sfidante Martin Schulz (Pse) è tutt’altro che rassegnato. C’è poi l’ipotesi grande coalizione, che porterebbe in auge qualche outsider. Comunque sia, il presidente della Commissione deve essere votato dalla maggioranza assoluta del Parlamento (376 voti su 751). Venendo all’Italia, Renzi ha appunto molte carte da giocare. In forza del peso del Pd potrebbe agevolmente ottenere la presidenza del gruppo in Parlamento e recitare da protagonista nella partita per la guida del Parlamento.

Serve un candidato capace di mettere d’accordo le varie componenti del gruppo e il nome più gettonato in entrambe i casi è quello di Gianni Pittella. Come capogruppo, potrebbe correre anche la “record woman” di preferenze Simona Bonafè mentre poche chance vengono assegnate ai parlamentari uscenti come Sergio Cofferati e David Sassoli. Al netto di quella che viene indicata come “variabile Schulz”, la collocazione del candidato presidente di Commissione del Pse che potrebbe anche finire (ma sarebbe un bis per lui) alla guida del gruppo e poi a quella del Parlamento in forza della staffetta di metà legislatura con il Ppe, l’Italia può avere un ruolo determinante anche nella costituzione della Commissione. Sulla carta l’Italia non potrebbe aspirare alla presidenza (lo stesso varrebbe per il Consiglio), visto che con Mario Draghi alla guida della Bce siede già al top del “board” europeo.

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Può, però, avere agevolmente una vice presidenza (posto già occupato da Antonio Tajani nell’ultima legislatura) a cui abbinare un commissario importante (magari tra quelli ‘di spesà). Di peso è di sicuro l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ruolo per cui avrebbero il curriculum giusto Massimo D’Alema o Enrico Letta. Altro commissario determinante è quello per l’Agricoltura, dove Paolo De Castro appare l’uomo più adatto (è presidente uscente della commissione Agricoltura del Parlamento Ue). Come commissario più tecnico, magari Affari economici e monetari ed euro, potrebbe correre Lorenzo Bini Smaghi. Altri nomi molto ricorrenti sono quelli di Lorenzo Moavero Milanesi e Riccardo Pacifici. Anche se il vero cambio di verso per l’Ue potrebbe essere vedere una persona come il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini occuparsi in prima persona di flussi migratori.

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