Contribuire a Fondo Africa per non ricevere migranti, la strategia dei premier di Visegrad

Contribuire a Fondo Africa per non ricevere migranti, la strategia dei premier di Visegrad
14 dicembre 2017

Comincia pomeriggio a Bruxelles, il Consiglio europeo di dicembre, che vedrà i capi di Stato e di governo dell’Ue impegnati in una serie di difficili discussioni, in particolare su immigrazione, riforma dell’Unione economica e monetaria, negoziato per la Brexit. In programma anche una celebrazione dell’accordo a 25 per la Pesco (Cooperazione strutturata permanente) nel settore militare, embrione, con 17 progetti concreti (di cui quattro a guida italiana) e lo stanziamento 500 milioni di euro di finanziamenti, della futura Unione europea della Difesa. Il vertice sarà preceduto, in mattinata, da un incontro a sei sulla politica dell’immigrazione fra il premier italiano Paolo Gentiloni, il presidente della Commissione europea e i primi ministri del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica ceca, Ungheria e Slovacchia). I Quattro di Visegrad annunceranno la decisione di contribuire con 35 milioni di euro al Fondo fiduciario per l’Africa (“Trust Fund”), che finora è stato finanziato solo dalla Commissione, dall’Italia e da pochi altri paesi, fra cui la Germania. La “finestra” Nord Africa di questo fondo serve, fra l’altro, a finanziare le iniziative dell’Italia e dell’Ue in Libia e in Niger, iniziative che stanno svolgendo un ruolo importante nella riduzione dei flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale e negli interventi miranti ad affrontare le “cause alla radice” del fenomeno. I governi di Visegrad intendono chiaramente presentare il loro sforzo finanziario per il Trust Fund come una sorta di compensazione per la loro opposizione di principio ad accogliere i richiedenti asilo che sarebbero obbligati a ricevere secondo il meccanismo delle “relocation” (“ricollocamenti”).

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Ma ci si può attendere che quest’approccio sia chiaramente contrastato e criticato sia da Juncker che da Gentiloni, che ricorderanno ai quattro paesi dell’Est il loro dovere di solidarietà e l’obbligo di attuare la decisione presa dal Consiglio Ue sui ricollocamenti, anche se non mancherà da parte di entrambi il dovuto riconoscimento per i contributi al Trust Fund. Il pre-vertice a sei servirà a chiarire che “la politica migratoria dell’Unione europea non concerne solo soldi e frontiere, ma segue un approccio ‘olistico’, e riguarda sia la responsabilità che la solidarietà e sia gli aspetti interni che quelli esterni”, ha avvertito oggi il portavoce capo della Commissione, Margaritis Schinas. Dopo il tradizionale intervento d’apertura del presidente del Parlamento europeo, Anotonio Tajani, e una rapida rassegna, presentata dal premier estone Juri Ratas, delle decisioni prese dal Consiglio Ue sotto la presidenza semestrale dell’Estonia, i Ventotto discuteranno di cooperazione Ue-Nato con il segretario generale dell’Alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg, appena rieletto; successivamente, i 25 leader dei paesi partecipanti si recheranno tutti nello spazio degli arrivi al Consiglio (sotto la “lanterna” del nuovo Palazzo Europa) per foto e discorsi che celebreranno il lancio della Pesco sulla Difesa. Le discussioni vere e proprie cominceranno durante la cena di lavoro, con il tema dell’immigrazione e asilo. Nelle sue molto controverse note per preparare questo dibattito, senza conclusioni, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha sposato in pieno le posizioni dei Paesi di Visegrad contrari ai “ricollocamenti” obbligatori dei rifugiati e si è messo in rotta di collisione con la Commissione e anche con una buona parte degli Stati membri, in particolare Italia, Germania, Grecia, Svezia e Olanda. Si prevedono scintille.

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Seguiranno un aggiornamento da parte del presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel sul (non) rispetto degli Accordi di Minsk da parte della Russia nel conflitto con l’Ucraina (e la constatazione che non c’è niente di nuovo che possa portare a una sospensione delle sanzioni verso Mosca), e un dibattito, introdotto dal premier belga Louis Michel, sulla recente decisione del presidente Usa Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e di spostare nella Città santa l’ambasciata americana. Venerdì mattina, il Consiglio europeo si trasformerà in vertice dell’Eurogruppo, ma allargato a 27 (tutti i membri dell’Ue, salvo il Regno Unito), per discutere delle recenti proposte della Commissione per il completamento dell’Unione bancaria e “l’approfondimento” dell’Unione economica e monetaria, con la riforma della “governance” dell’Eurozona. Anche in questo caso, come per l’immigrazione, Tusk ha previsto una discussione senza conclusioni, con l’intenzione di stabilire e sviluppare i punti su cui c’è consenso da parte dei capi di Stato e di governo, lasciando da parte i nodi più controversi. Solo che, come per l’immigrazione, questo significa procedere a passi piccolissimi, o non avanzare per niente, lasciando fuori proprio i progetti più ambiziosi, le “visioni” più coraggiose e magari le vere soluzioni. In questo caso, Tusk vorrebbe lasciare fuori dalla discussione le due proposte più innovative: quella della Commissione di creare un “ministro delle Finanze dell’Ue”, fondendo i ruoli di presidente dell’Eurogruppo, commissario Ue agli Affari economici e monetari e vicepresidente della Commissione, e l’idea di un bilancio separato per l’Eurozona dedicato ai paesi membri vittime di “shock asimmetrici”, per sostenerne gli investimenti pubblici che rischiano di essere azzerati e/o per contribuire a finanziarne gli ammortizzatori sociali.

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Resterebbero sul tavolo solo la proposta di trasformare il Fondo salva-Stati Esm in una sorta di Fmi europeo (ma sembra che la Bce non voglia chiamarlo Fondo monetario europeo, e comunque non sarebbe “comunitarizzato” come vorrebbe la Commissione), l’idea di finanziare con lo stesso Esm il “backstop” per le risoluzioni bancarie nell’ambito del Meccanismo unico di risoluzione, e poi il completamento dell’Unione bancaria con il fondo assicurativo europeo per la protezione dei depositi (a cui si spera il futuro governo tedesco smetterà di opporsi, ora che non ci sarà più Wolfgang Schaeuble alle Finanze). Il Consiglio europeo terminerà con la riunione nel formato “articolo 50” (ovvero la stessa formazione a 27 senza il Regno Unito) per discutere dello stato dei negoziati sull’accordo di divorzio con Londra. I progressi fatti, secondo la raccomandazione della Commissione, verranno giudicati “sufficienti” per poter procedere alla nuova fase negoziale. Ma non sarà ancora la trattativa sulle relazioni future fra Ue e Regno Unito; prima, si dovrà decidere la linea dell’Unione sul periodo di transizione di due anni che Londra ha chiesto dopo la Brexit. Le direttive negoziali per le relazioni future, compreso l’eventuale accordo commerciale, verranno invece approvate al Consiglio europeo di marzo 2018. askanews

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