A Cop25 l’ira di Greta e degli attivisti dei Fridays for Future

9 dicembre 2019

Gli attivisti ambientalisti si sono riuniti a Madrid per la conferenza stampa dei “Fridays for future” al fianco della giovane ideatrice Greta Thunberg. È ancora tanta la rabbia nel movimento, mentre prosegue la Cop25 a Madrid e le risposte dei paesi maggiormente responsabili dei cambiamenti climatici appaiono molto deboli. “L’emergenza climatica non è solo qualcosa che ci colpirà in futuro, non è qualcosa che avrà un impatto sui bambini di oggi quando saranno grandi. Essa tocca già un numero incalcolabile di persone oggi. Gente che soffre e muore di questo oggi”, ha denunciato Greta con a fianco Nakabuye Hilda Flavia, attivista dell’Uganda e Angela Valenzuela, attivista cilena. La conferenza stampa è iniziata in ritardo per la grande quantità di persone in coda per seguire l’attivista svedese, al punto che la sala è stata chiusa e poi riaperta solo ai giornalisti. “Abbiamo il dovere di usare l’attenzione dei media per la nostra piattaforma e per far sentire la nostra voce – ha aggiunto Greta -. Noi, io e Luisa, non parleremo oggi, siamo privilegiate perchè le nostre storie sono state già dette, ma non sono le nostre storie che devono essere ascoltate ma quelle degli altri, soprattutto nel sud del mondo e nelle comunità indigene. Abbiamo creato questo evento come una sorta di piattaforma per condividere le storie che devono essere conosciute”.

“I paesi sviluppati devono vergognarsi per la quantità di Co2 che emettono in confronto a quello che emette l’Africa. Noi – dice l’attivista ugandese – non emettiamo quasi nulla, ma ne siamo maggiormente colpiti”. “Non abbiamo paura di niente – gli ha fatto eco l’attivista cilena – continueremo a inondare le strade anche se rischiamo la nostra vita. Stiamo davvero trovando il nostro futuro e andando al di là dei limiti su ciò che pensiamo sia possibile”. Il primo a prendere la parola dopo Greta, che ha anche ricordato l’importanza di “ascoltare le storie delle popolazioni indigene, che sono in prima linea nel subire gli effetti dei cambiamenti climatici”, è stato un ragazzo proveniente dalle isole Marshall, alle prese con l’innalzamento delle acque. “Ci hanno detto che per resistere dobbiamo adattarci, andare più in alto – ha affermato – o che una soluzione che abbiamo è emigrare”. Gli altri interventi hanno visto alternarsi ragazzi da tutto il mondo, dalle Filippine agli Usa al Cile. A prendere la parola anche un attivista russo, che ha ricordato come nel proprio paese sono state arrestate delle persone per aver partecipato alle proteste sul clima. Tra gli speaker anche una ragazza nativa americana, che ha ricordato le lotte in corso contro lo sfruttamento dei territori contro il volere degli indigeni. Il messaggio di tutti ai politici è stato la richiesta di avere più visibilità. “Chiediamo di essere ascoltati, perché nessuno più di noi sperimenta sulla propria pelle i danni dai cambiamenti climatici”, ha ricordato ad esempio un’attivista dall’Uganda.

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