Tra crisi economica e campagna elettorale irrompe il referendum sulle trivellazioni

Tra crisi economica e campagna elettorale irrompe il referendum sulle trivellazioni
23 marzo 2016

di Antonio Angeli

Nel bel mezzo di una delle peggiori crisi economiche della storia della Repubblica gli italiani, il 17 aprile, sono invitati a rispondere al referendum sulle trivellazioni in mare. Il livello di attenzione e di informazione sull’evento, tra problemi politici e campagna elettorale per le amministrative, non è stato tra i più alti.

COME È NATO IL REFERENDUM Il referendum è stato indetto, in base all’articolo 75 della Costituzione, su iniziativa di nove Consigli regionali: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.

IL TESTO DEL QUESITO Viene chiesto a tutti gli elettori italiani di abrogare una norma che consente alle società impegnate nella ricerca e nella produzione di idrocarburi liquidi e gassosi (soprattutto petrolio e metano) nel mare italiano di proseguire la loro attività anche oltre la scadenza della concessione ottenuta dal governo. Le leggi in vigore vietano la costruzione di nuovi impianti entro le 22 miglia marine (circa 22,2 km), ma consentono agli impianti già esistenti lo sfruttamento dei giacimenti per un periodo indeterminato.

SE VINCE IL SÌ Una vittoria del “sì” prevederebbe il termine delle attività di estrazione alla scandenza fissata al momento del rilascio della concessione. Il referendum non riguarda le nuove trivellazioni: già oggi le compagnie non possono richiedere nuove concessioni entro le 12 miglia.

Leggi anche:
Europee, Calenda: difficile fare lista con Cuffaro Mastella e Cesaro

SE VINCE IL NO Se vince il “no”, in sostanza, (o se non viene raggiunto il quorum, il 50% più uno degli aventi diritto al voto) le ricerche nei giacimenti italiani non avrebbero un termine certo, ma continuerebbero fino all’esaurimento degli stessi, anche se la legge in vigore impedisce alle società petrolifere di chiedere nuove concessioni per estrarre entro le 12 miglia.

I FAVOREVOLI Secondo l’elenco stilato dall’AgCom i “soggetti politici favorevoli” al referendum sono: la Federazione dei Verdi, L’Altra Europa con Tsipras, Possibile (l’associazione di Pippo Civati), Sinistra Ecologia e Libertà, l’Italia dei Valori. Nell’elenco ancora la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle. Ci sono inoltre numerose associazioni ambientaliste (da Marevivo a Legambiente e Greenpeace), la Confederazione italiana agricoltori e i Cobas. I CONTRARI L’elenco dei contrari (decisamente più breve del precedente) è stato suddiviso dall’AgCom in due categorie: coloro che invitano a votare “no”: i Federalisti democratici europei e quelli che puntano all’astensione. Tra questi spicca la posizione del Pd che, sul tema appare spezzato in due. Defilate le altre formazioni politiche: nell’elenco risalta l’assenza di Forza Italia.

I TORMENTI DEL PD Il Partito Democratico è ufficialmente per l’astensione, per il segretario e premier il referendum è “uno spreco”. Protesta il compagno di partito Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia: “Un partito di governo, che ha anche il presidente del Consiglio, deve dire o sì o no su un referendum, non dovrebbe dare indicazioni di astensione”.

Leggi anche:
La questione delle classi scolastiche italiane: integrazione o separazione?

 

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti