Cuffaro, Tomasi di Lampedusa e le Regionali in Sicilia

Cuffaro, Tomasi di Lampedusa e le Regionali in Sicilia
10 agosto 2017

“Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”, scriveva circa sessanta anni fa Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”. E non è retorica, basta vedere l’elenco dei potenziali candidati a governatore della Sicilia, per rendersi conto dell’immortale frase vergata dallo scrittore palermitano. E via con Roberto Lagalla, Dore Misuraca, Giovanni La Via, Giampiero D’Alia, Gaetano Armao, Caterina Chinnici per citare i nomi più popolari. Politici che sono stati anche assessori dell’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, come Misuraca, Lagalla e La Via, questi ultimi due, sono anche approdati nella successiva giunta, quella di Lombardo, della quale sono stati componenti anche Caterina Chinnici, figlia dell’ex magistrato ucciso dalla mafia e Gaetano Armao, reduce dal pranzo di Arcore. Di D’Alia, non parliamo di assessorati. Di più: il fedelissimo di Pier Ferdinando Casini è cresciuto nella vecchia Dc, proprio a fianco di Cuffaro. Insomma, tanti candidati, unica genitura: La Sicilia di “Cuffaro”. D’altronde, non c’è politico, negli ultimi venticinque anni, che non abbia avuto a che fare (politicamente), con l’ex presidente della Regione. Almeno in Sicilia. ‘Cuffarismo’ e ‘cuffaresimo’ sono oramai termini immortalati sulla “Treccani” siciliana. Due parole apparentemente uguali ma nella sostanza totalmente diversi.

Per cuffarismo, in estrema sintesi, – dato che alcuni si sono cimentati anche in piccoli trattati – si intende il modello istituzionale-amministrativo che caratterizza il politico Cuffaro. Il termine cuffaresimo, invece, non ha nulla di politico ma riguarda il lato sociale-umano dell’ormai intramontabile ‘mister’ cento mila voti. Infatti, l’essere stato o l’essere ancora amico, sodale, beneficato dell’ex governatore della Sicilia, è sintetizzato nel cuffaresimo. Non è filosofia. Eloquente, una lettera aperta scritta da una ‘cuffariana doc’, Giusy Savarino , presidente dell’Associazioni moderati uniti, due legislature al parlamento siciliano con l’Udc. “Caro Lorenzo Guerini, perché ti meraviglia la presenza di tanti ex cuffariani nel Pd? Quando avete candidato Marco Zambuto alle Europee e poi lo avete eletto Presidente del partito, non lo sapevate che era stato un cuffariano? Quando avete pregato Lillo Firetto per poterlo votare a sindaco di Agrigento e rimediare così alla pessima figura di primarie fatte con Forza Italia, non lo sapevate che era stato un cuffariano? Quando avete designato assessori, tra gli altri, Ester Bonafede, Dario Cartabellotta, Luisa Lantieri in giunta regionale, e l’elenco si fa troppo lungo nel sottogoverno, non lo sapevate che erano ex cuffariani? Ma soprattutto, quando, caro Lorenzo, sei venuto in Sicilia a dare il benvenuto alle new entry nel gruppo parlamentare del Pd siciliano, non lo sapevi di stringere la mano e baciare una ex cuffariana come Valeria Sudano? Stai attento Guerini, perché non siamo in Lombardia, e non sapere chi si bacia in Sicilia può portare guai seri!”.

La missiva è lunga, i nomi tanti. Il ‘cuffariano’ non ha confini politici. Basti pensare che ha messo radici anche nell’attuale giunta Crocetta. E’ stato proprio l’ex sindaco antimafia ha nominare Luisa Lantieri assessore alle Autonomie Locali, parlamentare regionale ed ex segretaria particolare di Totò Cuffaro. Altro nome è quello di Giovanni Pistorio, fedelissimo di D’Alia ed ex assessore alla Sanità di Totò Cuffaro. Quanto basta per dare il senso del ‘cuffarismo’ e ‘cuffaresimo’. Che non è filosofia, dicevamo, ma il leitmotiv che, nel caso specifico, sta animando la campagna elettorale per la presidenza della Regione Siciliana e che porterà oltre due milioni di elettori il prossimo 5 novembre. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole. Come i nomi dei due unici candidati ufficiali a governatore, Nello Musumeci e il grillino Giancarlo Cancelleri, che ‘cuffariani’ certo non sono, ma neanche novelli in politica. La Sicilia di “Cuffaro”, tuttavia, non viene fuori per questa tornata elettorale. Già, l’uomo di Raffadali le prime mosse le ha fatte con le amministrative scorse di Palermo. Pochi mesi dopo aver scontato la pena a Rebibbia per mafia. Ma questa è un’altra storia.

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