Cybercrime, Occhionero dal carcere: contro di me prove fabbricate

20 aprile 2017

“Dopo oltre tre mesi di carcerazione preventiva ritengo sia giunto il momento di fare luce su alcuni punti di questa inchiesta. Ad oggi la Procura di Roma non è riuscita a contestarmi una specifica condotta illecita sostenuta da luogo, data, ora e indirizzo ip”. Così scrive Giulio Occhionero in una lettera inviata al suo difensore e che è stata resa nota. Il manager e ingegnere è stato arrestato il 9 gennaio scorso insieme alla sorella Francesca Maria in relazione ad una inchiesta su una azione di cybercrime. Occhionero, difeso dall’avvocato Stefano Parretta, parla di “genericità dei capi di imputazione riportati nella richiesta di giudizio immediato” e si spinge a dire che la “notizia di reato” contro di lui è “stata fabbricata” e che la carcerazione sua e della sorella “è finalizzata ad impedire l’emersione di condotte illecite degli organi inquirenti”.

Quindi – aggiunge – “è necessario analizzare la genesi di questa inchiesta dato che molti degli atti di indagine in essa svolti sono stati compiuti prima della notizia di reato, in presenza di ‘non si sa quale’ delega alle indagini né di quale pm. La Procura sostiene di avere indagato su di noi dopo aver ricevuto dalla Fbi i miei estremi quale acquirente di una licenza software mailbee”. “Tuttavia” – sottolinea – gli investigatori hanno stilato “una informativa sugli Occhionero settimane prima di contattare i colleghi americani. Pertanto già puntavano a noi anche se poi hanno strutturato gli atti in modo da far apparire che l’indizio fosse arrivato dalla Fbi. Per questo motivo ritengo, dato il suo tempismo, che la notizia di reato della mail sia stata fabbricata”. Nella lettera Occhionero fa riferimento anche alla perquisizione effettuata il 5 ottobre scorso i poliziotti del Cnaipic. “Hanno provato a prendere il controllo di due ‘controller’ di dominio posti sul territorio americano e un account web posti sul territorio tedesco. A nulla è valsa la mia doppia diffida”. “Fortunatamente, però, la sicurezza ha retto ma la gravità di quelle condotte, tuttavia, erano già tali da farmi ipotizzare il reato di atti ostili verso uno stato estero con l’aggravante di essere compiuto da una forza di polizia e per questo motivo decisi di informare il Copasir al quale feci pervenire tale informazione perché potesse agire a mezzo di strumenti parlamentari: ciò ha probabilmente causato la forte accelerazione del nostro arresto”.

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