Detenuta a Rebibbia getta i figli dalle scale: uno di 4 mesi è morto, danno cerebrale per l’altro di 2 anni

Detenuta a Rebibbia getta i figli dalle scale: uno di 4 mesi è morto, danno cerebrale per l’altro di 2 anni
18 settembre 2018

(16.36) Omicidio e tentato omicidio. Per queste accuse la Procura di Roma avvierà un fascicolo d’indagine in merito alla detenuta del carcere di Rebibbia di nazionalità tedesca che ha gettato i due figli nella tromba delle scale nella sezione nido al terzo piano del penitenziario. Il figlio più piccolo, un neonato di quattro mesi probabilmente nato all’interno della struttura, è deceduto; mentre l’altro, un bimbo di due anni, è ricoverato all’ospedale Bambino Gesù in gravi condizioni. Secondo il bollettino, il piccolo ha un grave trauma da caduta con danno cerebrale severo. Il bambino e’ sottoposto attualmente a supporto rianimatorio avanzato e in ventilazione meccanica. E’ previsto un intervento neurochirurgico. Il paziente e’ in prognosi riservata.

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Il procuratore aggiunto Maria Monteleone, coordinatore del pool dei magistrati che si occupa dei reati sui minori, è andata in carcere per seguire da vicino i rilievi degli investigatori. La detenuta, 31 anni, era in carcere per reati legati alla droga e  già sarebbe stata sottoposta in passato a controllo medico dopo alcune segnalazioni. A quanto si e’ appreso da fonti interne al carcere, l’area sanitaria era stata informata di alcuni disagi psichici che avrebbe manifestato la donna e su questo ci sarebbero relazioni scritte, in particolare da parte degli agenti della polizia penitenziaria.

Per il ministro della Giustizia, “è una tragedia”. “Personalmente prego perche’ il bambino in ospedale possa essere salvato dai medici, che stanno facendo sicuramente di tutto – ha detto Alfonso Bonafede, al termine della sua visita nel carcere di Rebibbia -. La magistratura sta gia’ facendo i suoi accertamenti. Posso soltanto dire, non posso aggiungere null’altro, che il ministero chiaramente ha gia’ aperto una inchiesta interna per verificare le responsabilità”.

Al momento sono 16 i bambini, da 0 a 4 anni, reclusi nella sezione Nido del carcere di Rebibbia, insieme alle loro madri. Negli spazi dedicati agli incontri con le famiglie – si legge sul sito del ministero – un’operatrice dell’Associazione di volontariato “A Roma insieme” coinvolge i bambini presenti in giochi di animazione. All’interno della Casa circondariale vi e’ anche una ludoteca per bambini fino ai 12 anni. E’ di recente creazione una tensostruttura dove vengono svolti eventi e incontri con la comunita’ esterna e “casetta Koine'” nella quale si svolgono attivita’ ricreative di volta in volta individuate.

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LE REAZIONI

“La tragedia di Rebibbia ci ricorda il dramma dei tanti – troppi – bambini che crescono e vivono dietro le sbarre senza aver commesso alcun reato, da innocenti. Fu il governo di Silvio Berlusconi nel 2011 a porsi come obiettivo quello di farli uscire tutti, approvando la legge che ha istituito i cosiddetti Icam, Istituti a custodia attenuata, che permettono alla madre detenuta di scontare la pena in ambienti meno ostili per i bambini di quanto sia un normale carcere. Sette anni dopo, sono solo cinque le strutture dedicate e insufficienti le case protette: troppi bambini, almeno trenta, sono oggi condannati a crescere dietro le sbarre. E’ inaccettabile, oltre che pericoloso. Forza Italia chiedera’ conto del ritardo accumulato negli anni e pretendera’ che nella legge di Bilancio vengano stanziate le risorse necessarie perche’ tutti i bambini attualmente in carcere possano avere un’infanzia. Siamo certi che nessuno si opporra’ a una misura di civilta’”. Cosi’ Mara Carfagna, vice presidente della Camera e deputato di Forza Italia.

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“Senza speculare su una tragedia del genere, il punto e’ che va rivista la legge: i bambini non devono stare in carcere. Non ci sono scuse, va trovata una soluzione definitiva a questo problema”. Lo afferma il presidente della Consulta penitenziaria Lillo Di Mauro e responsabile della ‘Casa di Leda’, la prima casa protetta istituita in Italia per ospitare le mamme detenute con i loro bambini, la cui sede e’ una villa confiscata alla mafia nel quartiere Eur a Roma. “Anche il Papa, quando lo scorso due marzo venne in visita alla ‘Casa di Leda’ – ricorda Di Mauro – ha manifestato la stessa convinzione cioe’ che i bambini non devono stare in carcere. Si possono trovare alternative per far scontare alla donna la sua detenzione, ma si deve offrire al bambino una vita normale per evitare quei traumi che si portera’ dietro per tutta la vita”.

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