A Bruxelles vertice dei capi di Stato e di governo, possibile decisione su nuove nomine europee

A Bruxelles vertice dei capi di Stato e di governo, possibile decisione su nuove nomine europee
19 giugno 2019

Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue che si apre domani a Bruxelles, e a cui per l’Italia partecipa il premier Giuseppe Conte, potrebbe essere risolutivo per sciogliere il nodo delle nuove nomine alla guida delle istituzioni europee. Lo pensa il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che nella sua lettera di convocazione del vertice ai leader afferma: “Rimango cautamente ottimista, poiché quelli con cui ho parlato hanno espresso la determinazione a decidere rapidamente. Spero che ce la potremo fare giovedì”. In realtà la decisione potrebbe arrivare anche venerdì, secondo giorno del vertice.

L’ottimismo di Tusk è basato, come dice lui stesso, sulle sue impressioni dopo averne discusso nei giorni scorsi, al o di persona, con quasi tutti i leader dei Ventotto (quelli con cui non ha ancora parlato li sentirà domani mattina). Ma ci sono anche due ragioni, per così dire, oggettive. La prima è una motivazione puramente “logistica”: sta tramontando l’ipotesi, circolata nei giorni scorsi, di un nuovo vertice Ue straordinario proprio per completare il negoziato in corso e decidere le nomine, il 30 giugno o il primo luglio; poco prima, cioè, dell’apertura della nuova legislatura del Parlamento europeo, che inizia il 2 luglio con la prima plenaria a Strasburgo e l’elezione del presidente dell’Assemblea.

Come ha spiegato oggi pomeriggio un alto funzionario Ue, “la finestra è molto stretta”, perché i leader dei paesi europei più importanti saranno al vertice del G20 a Osaka il 28 e 29 giugno, e bisogna calcolare i lunghi tempi dei voli all’altro capo del mondo. Organizzare un nuovo vertice a Bruxelles a poche ore dal ritorno da Osaka sarebbe “piuttosto complicato”, e non solleverebbe certo entusiasmo dai capi di Stato e di governo ancora sotto l’effetto “jet lag”. L’alto funzionario Ue ha affermato che “la cosa migliore sarebbe raggiungere un accordo giovedì”, ma, ha sottolineato, se questo non accade, “venerdì tutti i leader saranno ancora qui a Bruxelles”… Come dire che il vertice potrebbe benissimo continuare a oltranza per arrivare alla decisione sul presidente designato per la prossima Commissione europea e sulle altre nomine (almeno il nuovo presidente del Consiglio europeo e il nuovo Alto Rappresentate per la Politica estera e di sicurezza comune, per il successore di Mario Draghi alla guida della Bce non c’è fretta).

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La seconda ragione “obiettiva” per cui converrebbe ai leader concludere subito il negoziato sul pacchetto delle nomine è politica: se l’accordo sarà raggiunto durante questo vertice, magari nella sua “coda” di venerdì, il previsto scontro istituzionale fra il Consiglio europeo e l’Europarlamento sugli “Spitzenkanditat” non sarà così clamoroso come potrebbe essere più tardi, in altre circostanze. Il Consiglio europeo, che ha secondo il Trattato Ue la prerogativa della designazione del candidato alla presidenza della Commissione, non vuole assolutamente essere “costretto” ad accettare i “candidati capilista” (“Spitzenkandidat”) proposti dai partiti europei. Ma questo rifiuto è politicamente più facile da esprimere ora che i quattro partiti europei alla ricerca di una maggioranza “europeista” (Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi) non si sono ancora messi d’accordo, né sul programma comune né sullo “Spitzenkandidat” che lo rappresenterebbe.

In altre parole, anche se i capi di Stato e di governo fossero disposti ad accettare senza obiezioni la proposta dell’Europarlamento, non potrebbero comunque procedere perché quella proposta non esiste ancora. Chi designare quando oggi ogni partito europeo continua a proporre il proprio “Spitzenkandidat”? Il Ppe insiste sul suo capopgruppo, Manfred Weber; i Socialisti del gruppo S&D sul loro candidato capolista, l’attuale primo vicepresidente della Commissione Frans Timmermans; i Liberali sulla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager; quanto ai Verdi, sanno di non avere molte chance, ma si aspettano che alla loro “Spitzenkandidat” Ska Keller sia magari offerta la presidenza del Parlamento europeo, forse nella seconda metà della legislatura.

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I due partiti maggiori, Ppe e S&D, non sono neanche d’accordo sulla definizione stessa del concetto di “Spitzenkandidat”: secondo i Popolari, deve trattarsi del candidato espresso del partito europeo risultato più forte, quello cioè che ha la maggioranza relativa; secondo i Socialisti, invece, deve essere il candidato capolista che sappia mettere insieme una coalizione e un programma, capaci di assicurare la maggioranza assoluta dei voti dell’Europarlamento necessaria per eleggere il nuovo presidente della Commissione. In questa situazione, il Consiglio europeo può benissimo permettersi di ignorare le richieste confuse e contraddittorie del Parlamento europeo, e decidere in piena autonomia (e a maggioranza qualificata, come prevede il Trattato) chi sarà il candidato designato alla successione di Jean-Claude Juncker. Magari assicurando all’Assemblea di Strasburgo che si prenderà in conto il programma comune per il mandato della nuova Commissione, se e quando i quattro partiti della coalizione (o tre, se i Verdi dovessero lasciare) si metteranno finalmente d’accordo per elaborarne uno.

La decisione sulle nomine, infine, va presa al più presto anche per il collegamento esistente con l’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo, il 2 luglio. Questo posto prestigioso, anche se ben poco potente, può essere una sorta di premio di consolazione per uno “Spitzenkandidat” sconfitto, come è già successo cinque anni fa al socialista Martin Schulz. Solo che, in quel caso, a vincere fu il candidato capolista dei Popolari, Juncker, sostenuto dall’alleanza con i socialisti. In questo caso, invece, lo sconfitto da “consolare” sarebbe proprio il candidato del Ppe, Weber, incapace di formare e guidare una coalizione di maggioranza in suo nome, e di ottenere l’appoggio di diversi leader, a cominciare dal presidente francese Emmanuel Macron, che ne criticano la totale mancanza di esperienza di governo, necessaria per guidare la Commissione. askanews

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