Repubblica democratica del Congo, 40 milioni alle urne tra incertezze e timori di violenze

Repubblica democratica del Congo, 40 milioni alle urne tra incertezze e timori di violenze
Il presidente uscente della Repubblica democratica del Congo, Joseph Kabila
30 dicembre 2018

“Ho l’intima convinzione che tutto andrà bene domenica”: alla vigilia delle elezioni su cui pesa una forte incertezza, oltre al timore di violenze, il presidente della Repubblica democratica del Congo Joseph Kabila ha assicurato che oggi il voto si terrà. Sono anni che le elezioni vengono rimandate alla faccia delle regole democratiche. In base alla Costituzione si doveva votare già nel 2016.

L’appuntamento è stato rimandato al 2017 e poi al 23 dicembre di quest’anno, ma le autorità amiche del presidente uscente Joseph Kabila, che si è tenuto stretto il potere fin dal 2001, due giorni prima del voto hanno spudoratamente ammesso di non essere ancora pronte con le 76mila urne elettroniche, annunciando uno slittamento di una settimana. Dopo due anni di rinvii, quindi oggi urne aperte. Il punto interrogativo però resta: i seggi saranno pronti e aperti in tempo? Inoltre, ha ammesso il capo dello Stato uscente, “non sono da escludere violenze elettorali, ma la minaccia alla sicurezza è sotto controllo”, ha aggiunto, in un’intervista a Le Monde.

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Per tentare di disinnescare questo pericolo, ieri i candidati e la commissione elettorale si sono riuniti a Kinshasa, dopo un primo consulto venerdì alla presenza di osservatori di Paesi della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC). Sono oltre 40 milioni gli elettori chiamati alle urne. Circa due terzi dei circa 80 milioni di congolesi hanno meno di 25 anni, secondo le stime, e gli elettori di età compresa tra i 18 e i 25 anni voteranno per la prima volta, dopo le ultime consultazioni del dicembre 2011. “Non conosco che Joseph Kabila – ha detto una giovane giornalista, Jenny – è la prima volta che voto. Non vedo l`ora di vedere cosa significa cambiare presidente”.

Kabila, il cui mandato è scaduto nel dicembre 2016 e a cui la Costituzione vieta di correre per un terzo mandato, ha designato un “delfino” per la sua successione, l`ex ministro dell`Interno, Emmanuel Ramazani Shadary, 58 anni. Sostenuto dai vertici del regime riuniti nel Fronte comune per il Congo, e dall`apparato dello Stato e dalle forze di sicurezza, Ramazani affronterà un`opposizione divisa tra due pesi massimi. Da una parte, Felix Tshisekedi, 55 anni, che come il padre Etienne guida l`Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps), lo storico partito di opposizione dalle lotte anti-Mobutu degli anni `80 nell`ex Zaire. Forte nelle sue roccaforti di Kinshasa e Kasai, nel centro del Paese, Tshisekedi ha dato vita a un “ticket” con l`ex presidente dell`Assemblea nazionale, Vital Kamerhe, originario dello Stato orientale Sud-Kivu. Tshisekedi e Kamerhe si sono ritirati il mese scorso dall`accordo raggiunto da sette leader dell`opposizione che hanno designato l`outsider Martin Fayulu come loro “candidato unico”.

Emmanuel Ramazani, Félix Tshisekedi, Martin Fayulu: la sfida sarà quindi tra questi tre candidati, i soli tra tutti i 21 presenti sulla scheda a fare campagna elettorale nei quattro angoli di un Paese da 2,3 milioni di chilometri quadrati che conta solo 3.400 chilometri di strade asfaltate. Una campagna segnata da violenze, tanto che il Consiglio di sicurezza dell`Onu ha invitato “tutte le parti a rifiutare la violenza”, ricordando a Kinshasa “l`importanza di garantire la sicurezza dei candidati e degli elettori”. Le autorità hanno autorizzato solo 200 osservatori africani per le operazioni di voto che si terranno in 80.000 seggi presenti nel Paese.

Il Congo, Paese tra “i più poveri” del mondo, secondo la Banca mondiale, potrebbe diventare uno dei più ricchi del continente e superare la cronica instabilità politica grazie alle sue risorse minerarie, definite uno “scandalo geologico”. Il Paese è il principale produttore di cobalto, indispensabile per la telefonia mobile, tanto da essere definito “minerale strategico”, ma è anche ricco di oro, rame, diamanti, ferro, nichel, manganese, bauxite, uranio, stagno, coltan e altri. Nel 2017 la crescita è stata del 3,7%, secondo la Banca Mondiale. Il Paese è al 176esimo posto su 188 per indice di sviluppo umano (Undp) e 161esimo su 180 per corruzione (Transparency International).


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