Elezioni metà mandato, in gioco il Congresso. Ma è un voto anche su Trump

6 novembre 2018

“C’è dell’elettricità nell’aria” ha detto il presidente statunitense, Donald Trump, durante l’ultimo comizio tenuto a Chattanooga, in Tennessee, in vista delle elezioni di metà mandato di oggi. Non c’è dubbio che ci sia molta attesa per il primo vero test elettorale per Trump, dopo la sua vittoria alle presidenziali di due anni fa, e a dimostrarlo ci sono i numeri record del voto anticipato: oltre 34 milioni di persone hanno già espresso la propria preferenza, ovvero oltre il 50% in più di quelli che lo fecero alle elezioni di metà mandato di quattro anni fa.

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L’affluenza è aumentata tra tutte le categorie di votanti, ma soprattutto tra i giovani e le minoranze, secondo quanto riportato da The Hill. Un dato che fa ben sperare il partito democratico, che mai come quest’anno si affida alle donne per vincere, con 187 candidate alla Camera e 15 in Senato. In gioco, domani, ci sono i 435 seggi della Camera (dove il mandato ha durata biennale) e 35 dei 100 seggi del Senato (dove invece si resta in carica sei anni; due di questi seggi, però, saranno occupati solo per due anni perché si tratta di elezioni ‘speciali’, necessarie per le dimissioni dei senatori in carica). La posta politica è enorme: dal voto in sostanza dipende la governabilità del Paese nei prossimi due anni.

A testimoniare l’importanza di queste elezioni, anche i soldi spesi: saranno, infatti, le elezioni di metà mandato più costose nella storia del Congresso degli Stati Uniti. Secondo le stime del Center for Responsive Politics, si arriverà a una spesa di 5,2 miliardi di dollari a sostegno dei candidati, soprattutto nei collegi in bilico. Soldi investiti, in gran parte, da pochi individui, fatto che dovrebbe far riflettere sull’influenza eccessiva che pochi miliardari hanno sull’esito delle elezioni. I principali donatori sono stati Sheldon e Miriam Adelson, che hanno versato 113 milioni di dollari a sostegno dei repubblicani; poi, il primo donatore democratico, Thomas Steyer, ex manager di hedge fund, con 50,7 milioni di dollari.

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Al momento, i repubblicani hanno la maggioranza alla Camera e in Senato. Per ottenere il controllo della Camera, i democratici dovranno guadagnare 23 seggi. Secondo l’ultima analisi di Politico, ci sarebbero 22 seggi in bilico e i repubblicani, per mantenere la maggioranza, avrebbero bisogno di conquistarne 21. L’ultima stima prevede un guadagno per i democratici compreso tra i 25 e i 40 seggi, sufficiente quindi a riconquistare la maggioranza. Secondo il sito FiveThirtyEight, le possibilità che i democratici ottengano la maggioranza sono pari all’85,8 per cento.

Molto probabilmente, il ruolo del presidente Donald Trump sarà decisivo, in un modo o nell’altro: potrebbe permettere al partito repubblicano di confermarsi maggioranza o spingere tutti i suoi critici ad andare a votare, contro di lui; nelle ultime settimane, ha messo l’immigrazione irregolare al centro del dibattito politico, nella speranza di indebolire i democratici, accusati di essere responsabili delle carovane di migranti che arrivano dai Paesi dell’America centrale. I pacchi bomba indirizzati a politici e altre persone critiche con Trump, opera di un sostenitore del presidente, e l’attentato a una sinagoga di Pittsburgh (11 morti) compiuto da un suprematista bianco potrebbero incidere sui tanti elettori indecisi.

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Sulla carta, anche in Senato i democratici potrebbero riconquistare la maggioranza, ma hanno soprattutto da perdere da queste elezioni: solo 9 dei 35 seggi in palio sono difesi dai repubblicani, mentre gli altri sono al momento occupati dai democratici (due, in realtà, sono occupati da indipendenti, che però in Aula votano con i democratici). Dieci seggi democratici da difendere, poi, sono in Stati dove il presidente Donald Trump ha vinto nel 2016. Dei 9 seggi in mano repubblicana, solo pochi sono quelli dove esiste una concreta possibilità di vittoria dei democratici. Secondo FiveThirtyEight, i democratici hanno solo il 14,8% di possibilità di riconquistare il Senato. Se si dovesse arrivare a un Congresso diviso, le possibilità di approvare leggi di una certa importanza sarebbero vicine allo zero. Oltre ai seggi a Washington, sono in gioco 6.665 cariche statali e migliaia di incarichi a livello locale; 36 Stati su 50 voteranno anche per eleggere il proprio governatore.

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