Emmanuel Macron, il neofita della politica a due passi dall’Eliseo

5 maggio 2017

Trentanove anni, mai eletto, “nè di destra né di sinistra”: Emmanuel Macron è oggi vicino alla conquista dell’Eliseo, un traguardo fino a qualche mese impensabile per questo quasi neofita della politica che ha scommesso con coraggio sul cambiamento, sventolando con forza la bandiera di un inedito pragmatismo, in un panorama politico tendenzialmente immobilista. Accolto inizialmente con poca convinzione, l’ex ministro dell’Economia del presidente socialista François Hollande (agosto 2014-2016) ha colto completamente in contropiede chi lo descriveva come una “bolla” mediatica. Approfittando dello spazio aperto dai guai giudiziari del candidato della destra François Fillon – coinvolto in uno scandalo di presunti impieghi fittizi – e forte dell’endorsement di storici esponenti della politica d’oltralpe, in primis il centrista François Bayrou, Macron ha via via scalato i sondaggi, fino a ritrovarsi vittorioso al primo turno delle presidenziali del 23 aprile con il 24% delle preferenze. Oggi affila le armi, con ragionevole ottimismo – tutti i sondaggi lo danno vincente con il 60% – per il duello finale che lo attende al ballottaggio del 7 maggio con la candidata dell’estrema destra Marine Le Pen. Ex alto funzionario formatosi all’Ena, la scuola delle elite, poi banchiere d’affari, Macron è entrato in politica nel 2012 in veste di consigliere del presidente Hollande. Da questa esperienza all’ombra del potere, seguita da due anni da funzionario a Bercy, il ministero dell’Economia, Macron sostiene di aver tratto una lezione importante: il malfunzionamento “del sistema politico attuale”.

Una intuizione che ha spinto Macron – che è nato e cresciuto ad Amiens, piccola città di provincia del Nord industrializzato, in una famiglia della media borghesia – a fondare all’inizio del 2016 il suo movimento, battezzandolo En Marche! – o EM come le sue iniziali – che rivendica circa 200.000 aderenti. Poi sono seguite le dimissioni dal governo e la candidatura all’Eliseo su un programma di profonde riforme di ispirazione social-liberale. Il suo leit-motiv: riconciliare “libertà e protezione”, tenendo ben alta la bandiera del pragmatismo per offrire una chance a tutti i francesi. Il suo discorso “transpartisan”, liberal nel senso anglo-sassone del termine (sul piano economico ma anche sociale), piace ai giovani delle città e agli ambienti d’affari. Ma seduce meno le classi popolari o rurali, restie alla globalizzazione che difende. Lui si è definito il candidato “della vera indignazione” e del “rinnovamento” contro le “solite facce” della classe politica degli ultimi 30 anni. Europeista “convinto”, Macron ha cercato di rafforzare la sua immagine sul piano internazionale con una trasferta in Libano a gennaio e con un incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel, a metà marzo a Berlino. Contrariamente agli avversari, non nasconde la sua vita privata e in campagna elettorale si è fatto spesso affiancare dalla moglie Brigitte, sua ex professoressa di teatro di ventiquattro anni più grande. Ciò nonostante, si è trovato a dover smentire pubblicamente le voci di una sua presunta omosessualità. Appassionato di filosofia e letteratura, Macron sognava di fare lo scrittore – conserva ancora nel cassetto un romanzo d’amore – ma oggi ammette che scrivere è “più duro” di fare politica. Dopo l’uscita dall’Ena nel 2004, ha collaborato con il noto economista Jacques Attali, che già mesi fa non esitava dire di lui: “ha la stoffa di un presidente della Repubblica”.

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