Europarlamento diviso su accuse a Ungheria, Orban si difende. Sanzioni, oggi il voto che non ha precedenti

12 settembre 2018

E’ stato un dibattito teso e infuocato, con scambi di accuse durissime e posizioni chiaramente inconciliabili, quello che si è svolto ieri nella plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo sulla questione delle accuse al governo ungherese di Viktor Orban di violare lo stato di diritto, uno dei principi fondanti dell’Ue. Al dibattito ha partecipato anche, con due interventi all’inizio e alla fine, lo stesso Viktor Orban.

L’Aula deve decidere, con un voto oggi che non ha precedenti (servono i 2/3 dei “sì” con almeno la maggioranza assoluta di 376 voti), se chiedere o no l’attivazione dell’Art.7 del Trattato Ue per rischio di violazione dello stato di diritto in Ungheria. Se approvata, la richiesta passerebbe al Consiglio Ue che dovrebbe poi discutere di eventuali sanzioni verso Budapest (ma con meccanismi di voto che rendono quest’eventualità del tutto improbabile). Il voto di oggi ha, comunque, un alto valore simbolico.

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A favore dell’attivazione dell’Art.7 si sono dichiarati gli eurodeputati dei gruppi di sinistra S&D e Gue, i Verdi, i Liberali dell’Alde, e una parte del Ppe (a cui il partito del premier ungherese, Fidesz, appartiene). A favore di Orban si sono schierati invece il gruppo conservatore (Ecr), il gruppo dell’estrema destra sovranista Enf (compresi i leghisti), l’altra parte del Ppe (soprattutto deputati ungheresi di Fidesz), e il leader storico del gruppo euroscettico Efd Nigel Farage. Gli eurodeputati del M5s, dello stesso gruppo Efd, non sono intervenuti ma hanno dichiarato fuori dall’aula il loro dissenso da Farage.

Le accuse al regime di Orban, contenute in un rapporto della verde olandese Judith Sargentini, riguardano violazioni dello stato di diritto nel campo dell’indipendenza della magistratura e dei media, della libertà accademica, della libertà religiosa, della protezione delle minoranze e della possibilità di operare per le Ong e la società civile, nonché casi di corruzione, appalti irregolari e frode nell’uso dei fondi Ue. All’inizio del dibattito, dopo Sargentini, uno per uno tutti i rappresentanti delle commissioni europarlamentari coinvolte (Controllo di Bilancio, Affari costituzionali, Cultura, Pari Opportunità), hanno confermato i rischi riscontrati nel proprio settore per lo stato di diritto in Ungheria e la richiesta di attivare l’Art.7.

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E’ intervenuto anche il primo vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, stilando una lunga lista di procedure d’infrazione aperte contro Budapest che possono essere viste, anche queste, come casi di violazioni dello stato di diritto. Una vera e propria, lunga requisitoria, dalla quale Orban si è difeso, come suo solito, attaccando: non è il governo, ha sottolineato, ma tutta l’Ungheria, il suo popolo che l’Ue accusa, perché le misure contestate sono state decise, ha ricordato, con la legittimità di una maggioranza che ha avuto cinque mesi fa oltre il 50% dei voti degli elettori.

E poi ha lanciato le sue contro accuse: si vuole punire Budapest per la colpa di aver difeso le sue frontiere dall’immigrazione clandestina, di aver difeso le radici cristiane dell’Europa, ha detto. Il premier ungherese ha anche elogiato il vicepremier italiano Matteo Salvini: “E’ molto fermo, vuole proteggere le frontiere dall’immigrazione illegale. Lui può riuscire a chiudere le nostre frontiere marittime, lo sostengo al 100%”, ha detto in una conferenza stampa dopo il dibattito in aula. A chi chiedeva se sia preoccupato per il voto di domani ha risposto: “Certo non mi impedirà di dormire”. askanews

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