Federico Moccia: “Non c’è campo, basta dipendenza da cellulari”

29 ottobre 2017

Una fotografia sociale della generazione 2.0, dove il cellulare è il centro di tutta l’esistenza, dove oramai non ci sono più contatti umani, e dove è impossibile vivere anche solo per pochi giorni in luoghi dove “non c’è campo”. E’ una teen-comedy firmata da Federico Moccia, che torna dietro la macchina da presa dopo 4 anni con “Non c’è campo” (Koch Media), al cinema dal primo novembre. Il regista: “L’obiettivo del film è di staccarsi dalla continua dipendenza del telefonino, e accorgersi di tutto ciò che ci circonda. Mi piace pensare alle tecnologia come qualcosa che ci intrattiene, ma non che ci distrae da tutto ciò che ci circonda”. La storia. C’è una professoressa, Vanessa Incontrada, che porta in gita la sua classe a Scorrano, un piccolo paese nel Salento, dove i cellulari non prendono. Ed è panico 2.0. Ma nel film ci sono tanti temi, come l’amicizia, l’arte, la libertà, l’omosessualità, i tradimenti, l’amore. “Il titolo può sembrare un invito alla sincerità, diventa una frase che in realtà diventa molto altro, perché questi ragazzi prendono questo improvviso ribaltamento delle loro abitudini, come avere sempre il telefonino, rispetto a tante cose che non hanno mai detto”. Nel film anche Mirko Trovato, che dall’esperienza di Braccialetti Rossi, si confronta per la prima volta sul grande schermo. “Nella mia generazione, il telefono ha preso il sopravvento. Ci sono coetanei che vivono con disperazione totale il luogo dove non c’è campo. Invece io consiglio di mettere via il telefono e viversi quello che si ha intorno”.

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