Finisce il calvario di Asia Bibi, ora può espatriare

29 gennaio 2019

Asia Bibi ora e’ libera di lasciare il Pakistan. La Corte suprema di Islamabad ha respinto il ricorso contro l’assoluzione della donna cristiana, madre di cinque figli, che per un’accusa di blasfemia ha rischiato l’esecuzione capitale. “La richiesta d’appello e’ stata rigettata”, ha dichiarato il giudice Asif Saeed Khosa. Il ricorso era stato presentato dal partito islamista Tehreek-e-Labaik (Tlp), dopo che il verdetto di condanna a morte della donna emesso nel 2010 era stato annullato dalla stessa Corte, scatenando furibonde e continue proteste da parte dei gruppi islamisti piu’ accesi e provocando una disputa legale che oggi sembra aver trovato la parola fine. I presupposti perche’ a questo punto Asia Bibi possa lasciare il Paese ci sono tutti, e al piu’ presto: perche’, a quanto denunciano molti attivisti, i rischi in Pakistan per lei sono ancora troppo elevati. Mentre il governo di Islamabad continua a tenere segreta la localita’ in cui attualmente si trova Asia Bibi, le frange dell’islamismo estremista insistono a chiedere che sia messa a morte.

L’avvocato di Asia, Saif-ul-Mulook, ha fatto sapere che la sua cliente potrebbe “molto presto” partire dal Paese. “Oggi e’ ancora qui… domani sera non lo so”, ha detto il legale davanti alla sede del palazzo di Giustizia di Islamabad. Tra le ipotesi piu’ accreditate, la scelta della donna potrebbe ricadere su un Paese europeo o sugli Stati Uniti. Non e’ invece stata confermata la notizia secondo la quale i figli della donna si troverebbero gia’ in Canada. Amnesty international ribadisce che alla donna cristiana debba essere immediatamente garantito l’espatrio affinche’ “raggiunga, in sicurezza, insieme alla sua famiglia, un Paese di sua scelta”. Intanto il partito islamista Tlp ha chiamato i propri sostenitori a “tenersi pronti per nuove azioni” dopo la bocciatura del ricorso. Un attivista vicino alla “moschea rossa” (Lal Masjid), Hafiz Ehtisham Ahmed, ha detto all’Afp che “Asia Bibi merita la morte, come decreta la Sharia”. Anche all’estero non sara’ al sicuro, ha aggiunto l’uomo: “Anche all’estero vivono dei musulmani, no? Chiunque puo’ ucciderla la’”.

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Il drammatico calvario della donna, oggi 47enne, e’ inizato nel 2009. Mentre lavorava sui campi, le fu richiesto di prendere dell’acqua, ma alcune donne musulmane affermarono che in quanto cristiana – e dunque “impura” – le venisse impedito di toccare la bacinella dell’acqua. Giorni dopo alcune di queste donne denunciarono Asia Bibi di blasfemia presso l’imam del villaggio. Da li’ l’inchiesta e poi la condanna a morte, nel 2010, da parte di un tribunale del Punjab, per profanazione del Corano. Una sentenza che scateno’ un immenso sdegno in tutto il mondo: anche Papa Benedetto aveva chiesto la sua liberazione. Un ricorso contro il verdetto capitale fu respinto nel 2014, ma la mobilitazione internazionale riusci’ a bloccare l’esecuzione della sentenza.

Finche’, lo scorso ottobre, e’ arrivata l’assoluzione e l’ordine di scarcerazione della Corte suprema. Oggi, la bocciatura del ricorso contro quella sentenza. Secondo una stima della commissione parlamentare statunitense per la liberta’ religiosa, sono molte decine le persone che in Pakistan ancora rischiano l’ergastolo oppure la pena di morte in base a generiche accuse di blasfemia. In particolare, nel mirino ci sono le minoranze religiose, a cominciare dai cristiani. Non sono rari i casi di linciaggi. “Asia e la sua famiglia sono pazzi di gioia”, ha dichiarato all’Agi Anne Isabelle Tollet, la giornalista francese che nove anni fa permise al mondo di conoscere la storia di Asia Bibi. “Finalmente siamo alla fine di tutta questa storia”, ha aggiunto Tollet, confermando la donna lascera’ il Pakistan con la sua famiglia “al piu’ presto”.

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