Franzoni è libera, ha scontato la pena: “Vorrei far capire che sono innocente”

Franzoni è libera, ha scontato la pena: “Vorrei far capire che sono innocente”
Annamaria Franzoni
8 febbraio 2019

Annamaria Franzoni e’ una donna libera. Condannata nel 2008 a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele di tre anni, a Cogne il 30 gennaio 2002, nelle scorse settimane e’ stata informata dal Tribunale di sorveglianza di Bologna che la sua pena e’ espiata, con mesi di anticipo rispetto alle previsioni, potendo usufruire di molti giorni di liberazione anticipata per la buona condotta. Da giugno 2014 era in detenzione domiciliare a Ripoli Santa Cristina, sull’Appennino bolognese. Franzoni, che si e’ sempre proclamata innocente, era stata condannata in via definitiva la sera del 21 maggio 2008, quando la Corte di Cassazione confermo’ la sentenza della Corte di appello di Torino e gia’ quella notte si aprirono per lei le porte del carcere di Bologna. Qui e’ rimasta fino al 2014, poi per quasi cinque anni e’ stata ai domiciliari a Ripoli, ma aveva gia’ ottenuto il beneficio del lavoro esterno in una coop sociale e alcuni permessi per stare a casa con i due figli, di cui il minore nato un anno dopo il delitto.

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“Da un lato sono contenta, dall’altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io”. Cosi’ Annamaria Franzoni avrebbe reagito, parlando con persone a lei vicine del caso che la riguarda, anche dopo la notifica della fine della pena. La donna ha sempre detto di essere innocente per l’omicidio del figlio Samuele e continua a dirlo, parlando con le persone che la circondano nella vita quotidiana. Oggi, il suo avvocato Paola Savio lancia un appello per il diritto all’oblio della sua assistita: “E’ quello che ho sempre rivolto da quando e’ iniziata l’esecuzione della pena e che rivolgo anche oggi: dimenticarla”. Per il legale “occorre pensare che ci sono familiari che hanno sofferto con lei”. Da poco Franzoni e il marito si sono trasferiti, hanno comprato una casa nuova in un paese vicino al borgo di Ripoli. Come a Ripoli, anche nella nuova sistemazione e’ circondata da vicini che sono con lei. I 16 anni di pena sono stati ridotti a meno di 11 grazie a tre anni di indulto e ai giorni concessi di liberazione anticipata, il cui presupposto e’ che il detenuto partecipi all’opera di rieducazione e di reinserimento nella societa’: e’ possibile ottenere fino a 45 giorni ogni semestre di detenzione, considerando anche quella domiciliare.

SINDACO COGNE, INDIFFERENTI A NOTIZIA SU FRANZONI

Un fantasma che nessuno voleva tornasse. A Cogne il delitto di 17 anni fa di Samuele Lorenzi e’ una “vecchia storia” che la “la comunita’ si e’ lasciata alle spalle”. Il sindaco, Franco Allera, ne e’ convinto. Cosi’ la notizia della fine pena per Annamaria Franzoni “lascia assolutamente indifferenti, e’ l’ultimo dei nostri pensieri”. Nella localita’ ai piedi del Gran Paradiso nessuno vuol far tornare Cogne alla ribalta per quella vicenda, che aveva scatenato veleni e diviso famiglie. Facendo inevitabilmente associare il nome del paese a uno dei delitti italiani piu’ discussi di sempre. La parola d’ordine oggi e’ ‘guardare avanti’. Tanto piu’ quando si e’ al culmine della preparazione di un evento sportivo che portera’ la ‘Perla delle Alpi’ sui media di tutto il mondo. “In questi giorni – ricorda il sindaco – stiamo pensando alla Coppa del Mondo di sci di fondo che ospiteremo la prossima settimana”. Cosi’ anche Filippo Ge’rard, giovane ‘cognein’ e presidente della Federalberghi valdostana, si trincera dietro al silenzio: “Non mi interessa commentare la cosa”. E neppure vuole sbilanciarsi l’ottantacinquenne Don Corrado Bagnod, parroco di Cogne gia’ all’epoca del delitto. “Non credo – dice – sia opportuno che un parroco si metta a intromettersi nelle questioni delle famiglie”. Lo chalet di Montroz, teatro della tragedia, era stato dissequestrato sei anni fa. Il 23 marzo 2013 con la rimozione dei sigilli il padre di Samuele, Stefano Lorenzi, presente quel giorno, era tornato in pieno possesso della villa. Ultima testimonianza di un’epoca che in paese tutti vogliono dimenticare.

 TRAMA LUNGA 17 ANNI, DA OMICIDIO A LIBERTA’

Dopo sei anni e quattro mesi di processo giudiziario e mediatico, la sera del 21 maggio 2008 la Corte di Cassazione confermo’ la sentenza della Corte di Appello di Torino: Annamaria Franzoni venne condannata a 16 anni per l’omicidio del figlio Samuele, e gia’ nella notte si aprono per lei le porte del carcere di Bologna. Dopo poco piu’ di dieci anni, e dopo un periodo trascorso ai domiciliari a Ripoli, sulla montagna bolognese, e’ una donna libera. La donna era uscita dal carcere nel giugno del 2014 per scontare il resto della pena ai domiciliari, qualche mese prima era stata ammessa al lavoro esterno in una coop sociale e aveva gia’ avuto alcuni permessi per passare periodi a casa con il marito e i due figli. Il piu’ piccolo e’ nato un anno dopo il delitto. L’arresto scatto’ il 14 marzo 2002. Un mese e mezzo era passato da quando Samuele, 3 anni, mori’ nel lettone della casa di Cogne, la testa fracassata da 17 colpi di un’arma che non e’ mai saltata fuori. Servi’ un mese e mezzo agli inquirenti per mettere insieme gli elementi: il sangue sul pigiama, le macchie sugli zoccoli, gli otto minuti passati fuori casa per accompagnare l’altro bambino.

Ma non furono indizi sufficienti per il Riesame e in un paio di settimane l’avv. Carlo Federico Grosso ottenne la liberazione. La Procura fece ricorso in Cassazione e ottenne l’annullamento, il 19 settembre il Riesame bis stabili’ che l’ordine di cattura era valido, gli indizi c’erano, ma la donna attese il processo in liberta’. Franzoni, che nel frattempo si era affidata al noto avvocato Carlo Taormina, arrivo’ a processo in primo grado il 19 luglio 2004. Scelse l’abbreviato, il rito sulle carte, e fu sufficiente un’udienza per il verdetto: 30 anni di condanna, decisi dal gup di Aosta. In attesa dell’appello, la difesa provo’ varie strategie, tra cui quella di denunciare un vicino di casa; ma le carte arrivarono alla Procura di Torino che ipotizzo’ un inquinamento della scena del delitto: fu il Cogne-bis. Il processo di secondo grado per l’omicidio parti’ il 16 novembre 2005, con Taormina che rimise il mandato il 20 novembre 2006.

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Al suo posto venne chiamato un legale d’ufficio, Paola Savio, che con il collega Lorenzo Imperato tutt’ora assiste Franzoni. La strategia della difesa fu piu’ misurata e nella decisione della Corte di Appello si terra’ conto delle attenuanti: la pena fu ridotta a 16 anni, come confermera’ la Cassazione. La battaglia allora si sposto’ alla Sorveglianza, con le richieste di permessi, respinte con l’unica eccezione del funerale del suocero, il 31 agosto 2010. Cosi’ come venne rigettato, a settembre 2012, il ricorso per la detenzione domiciliare speciale per assistere il figlio minore. A ottobre 2013, la svolta, con l’ok al lavoro esterno al carcere e i primi permessi. Quindi una perizia sostenne che non potra’ piu’ commettere il delitto di 12 anni fa. E il ricorso venne accolto con l’autorizzazione a trascorrere l’ultima parte della pena agli arresti domiciliari.

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