I fratelli spaziali Mark e Scott Kelly non sono più “gemelli”

I fratelli spaziali Mark e Scott Kelly non sono più “gemelli”
1 febbraio 2017

I due gemelli-astronauti, Mark e Scott Kelly di 53 anni, non sono più identici dopo la lunga permanenza in orbita di Scott che ha trascorso quasi un anno sulla Stazione spaziale internazionale e, complessivamente, 520 giorni e 10 ore nello Spazio contro i 54 e 2 ore totali del suo gemello, Mark, comandante tra l’altro della Sts-134, l’ultima missione dello Shuttle Endeavour, con l’Italia Roberto Vittori.

Nel cosiddetto “paradosso dei gemelli”, Einstein spiegava – volendolo semplificare in estremo – che, influenzato anche dalla gravità, il tempo scorre diversamente per un astronauta in volo su un’astronave rispetto a quello sulla Terra, per cui, immaginando due gemelli, uno a bordo e uno a terra, invecchierebbero diversamente durante un ipotetico viaggio del primo nello Spazio. Ora, seppure in scala ridotta, ci sono le prove scientifiche di questo. I primi risultati della ricerca della Nasa, condotta dal genetista Christopher Mason del Weill Cornell Medical College di New York e pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, infatti, avrebbero evidenziato che dopo i 350 giorni ininterrotti trascorsi in orbita sull’Iss, il Dna di Scott è modificato ed è, ora, diverso da quello del fratello, rimasto sulla Terra.

In dettaglio, il patrimonio genetico di Scott ha subito delle alterazioni simili a quelle che si verificano sulla Terra nelle persone sottoposte a forti condizioni di stress e mutamenti nella dieta abituale. Un’importante variazione, inoltre, ha riguardato i telomeri, regioni terminali dei cromosomi, il cui accorciamento è collegato ai processi d’invecchiamento cellulare. Ebbene quelli di Scott nello Spazio si sono allungati; praticamente Scott è tornato sulla Terra “più giovane” del fratello. L’analisi dei dati è ancora in corso e gli studiosi ora dovranno capire se i mutamenti sono legati semplicemente all’assunzione del cibo liofilizzato e dal disagio di dormire in microgravità oppure se, a incidere, sono stati fattori più tipicamente “spaziali” come le radiazioni cosmiche. Capire come reagisce il fisico umano alle lunghe permanenze spaziali è fondamentale per aprire la strada a missioni verso Marte e, in un remoto futuro, all’ipotetica esplorazione umana di altri mondi.

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