Gallerista truffa Pistoletto, falsificate 356 opere

Gallerista truffa Pistoletto, falsificate 356 opere
29 maggio 2019

Due anni e due mesi per Cesare Manzo, gallerista di Pescara, condannato in primo grado per aver falsificato 356 “frattali” del Maestro dell’arte povera Michelangelo Pistoletto. Tra l’artista e il gallerista abruzzese c’era un rapporto di fiducia totale: “I frattali sono nati da un rapporto di fiducia tra me e il gallerista e quindi io non ho numerato le opere. Scoprire che era un falsario per me è stata una sorpresa perché avevamo lavorato bene insieme. Oggi sono commosso perché vedo che c’è un’attenzione sull’arte, anche da parte dei carabinieri”, ha raccontato Pistoletto.

A scoprire infatti la truffa sono stati i carabinieri del Nucleo tutela patrimoniale e culturale di Torino, che hanno fatto partire un’indagine nel 2014 su input di Pistoletto. “Continuavano ad arrivare richieste di autentiche delle opere. Tant’è che io in un primo momento ho chiamato il gallerista per sincerarmi dell’autenticità delle opere che mi arrivano da autenticare, perché me ne giungevano troppe – ha ricordato Pistoletto – poi sono iniziate ad arrivare anche lettere un po’ aggressive da parte di collezionisti che mi accusavano di non proteggere il mio lavoro e mi dicevano: ‘Non possiamo più fidarci di lei'”.

La vicenda ricorda da vicino il film recentemente uscito al cinema “Copia originale” tratto da una storia vera che narrava le vicende di una scrittrice caduta in disgrazia che per pagare debiti e bollette si è messa a falsificare lettere autografe di altri scrittore vendendole a collezionisti e librerie. Pistoletto ha raccontato che per le sue opere precedenti, in particolare per i quadri specchianti con figure, ha sempre avuto cura di numerarle. “I numeri – ha spiegato Pistoletto – sono scritti dietro il quadro e poi riportati su un registro che custodisco.
Quindi sono stato sempre attento”.

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Su 356 opere i carabinieri ne hanno sequestrate 115. I frattali, come ha spiegato il maggiore Silvio Mele, che ha coordinato l’indagine, venivano venduti a un prezzo che variava dai quattromila ai seimila euro, generando quindi un giro di affari di oltre un milione di euro. “Quando la sentenza passerà in giudicato le opere verranno distrutte oppure verranno restituite ai legittimi proprietari con un logo che ne attesta la falsità”, ha spiegato il maggiore Mele rivelando che i carabinieri hanno siglato un protocollo d’intesa con l’Università Roma Tre per creare un laboratorio del falso, cioè un laboratorio che sia in grado di fornire un bagaglio formativo tale da poter combattere i falsi nell’arte con rigore scientifico. “Le opere sequestrate quindi potrebbero anche essere destinate a questo laboratorio del falso. Ma questo verrà deciso quando la sentenza passerà in giudicato”, ha concluso Mele.

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