Germania e Grecia divise sull’euro ma unite dal gas russo

Germania e Grecia divise sull’euro ma unite dal gas russo
9 luglio 2015

viadotto gas russiaGermania e Grecia divisi su tutto in queste settimane ma unite da un destino comune, lontano dalle trattative sul debito di Atene, disegnato ai piani alti di Gazprom. Il gigante russo del gas ha scelto infatti i due paesi per sviluppare la sua capacità di esportazione in Europa. La rottura del contratto con Saipem per la realizzazione della prima condotta del tratto sottomarino del gasdotto South Stream (la seconda era stata affidata alla svizzera Allseas group) è solo l’ultimo degli eventi coincisi con un repentino cambio di strategia di Gazprom emerso negli ultimi due mesi. Una strategia in cui il ruolo dell’Italia appare sempre più ridimensionato rispetto a qualche anno fa. Mosca, nonostante le sanzioni, è infatti tornata a puntare con decisione al potenziamento dei suoi collegamenti con l’Europa annunciando il raddoppio del gasdotto Nord Stream che collega direttamente la Russia alla Germania con una tratta sottomarina di oltre 1.200 chilometri. Il gasdotto passerà dalle attuali due condotte da 55 miliardi di metri cubi l’anno a quattro condotte da 110 miliardi di metri cubi complessivi. Il progetto di potenziamento era stato annunciato quattro anni fa e poi abbandonato a inizio 2015 visto che l’Unione europea aveva autorizzato il passaggio di “soli” 22,5 miliardi di mc. Poi, a fine giugno, la svolta. Gazprom formalizza un accordo con l’austriaca OMV, la tedesca E.On e Royal Dutch Shell per il raddoppio di Nord Stream.

Il gasdotto era stato concepito per portare consistenti quantità di gas in Nord Europa evitando l’Ucraina, insieme al gemello South Stream che avrebbe dovuto svolgere lo stesso compito per l’Europa centrale e meridionale. La società nacque su basi paritetiche con Eni. E Saipem ottenne una commessa di 2 miliardi per la realizzazione della prima condotta offshore. Ma quest’ultimo progetto, al contrario di Nord Stream, ha fin dall’inizio dovuto subire ogni genere di ostacoli da parte di Bruxelles e degli Stati Uniti. Prima con la presentazione del progetto concorrente Nabucco e poi, tramontato questo nel 2013, con il sostegno al Trans Adriatic Pipeline. Tanto da spingere Mosca a cancellare il progetto South Stream nel dicembre scorso e a presentarne uno alternativo attraverso la Turchia fino al confine greco. Dopo un’iniziale sospensione della commessa a Saipem, durata circa due mesi, i lavori del tratto offshore nel Mar Nero furono nuovamente affidati alla società italiana. Fino a ieri quando è arrivata la rottura unilaterale del contratto da parte di Gazprom.

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Alexander NovakIl ministro russo dell’energia, Alexander Novak (foto), ha assicurato che la rottura con Saipem, avvenuta per ragioni “tecniche e commerciali”, non rallenterà la realizzazione del gasdotto. Gazprom, da parte sua, ha fatto sapere che è già alla ricerca di un nuovo appaltatore per la realizzazione della prima condotta sottomarina. Lo stesso giorno dello stop a Saipem è stato formalizzato l’accordo con la Grecia per il passaggio di una tubazione da 47 miliardi di metri cubi l’anno sul suo territorio. La Grecia diventerà dal 2019 quindi il secondo paese europeo, dopo la Germania, a ricevere gas russo senza transitare per l’Ucraina. Paese che con il completamento di questa infrastruttura perderà anche i suoi redisui strumenti di pressione energetica su Mosca. Ma anche il Turkish Stream, con la sua ramificazione greca, sconta una forte incertezza geopolitica. Se da una parte l’instabilità dei paesi fornitori nordafricani potrebbe piegare l’ostracismo europeo, dall’altra la Turchia ancora è riluttante a concedere tutte le autorizzazioni al passaggio sul suo territorio. Ankara è membro della Nato e non vuole far innervosire troppo gli Stati Uniti, fieri oppositori delle ambizioni energetiche russe.

Tanto più in presenza del regime di sanzioni ed essendo ancora candidati ad entrare in Ue. Per questo, per ora, sono arrivate a Gazprom solo le autorizzazioni per le indagini geologiche e ingegneristiche e non quelle per la costruzione. D’altra parte, l’accordo della Russia con la Grecia potrebbe essere il preludio di nuove difficoltà per il Tap, sponsorizzato da Ue ed Usa, che corre lungo il territorio greco. Dopo l’accordo con Mosca, il governo di Atene ha già lanciato messaggi poco rassicuranti per il futuro del gasdotto tra Europa e Azerbaijan. “Intendo ottenere delle risposte da Tap sulle compensazioni per le comunità interessate dal passaggio del gasdotto” ha detto il ministro dell’energia greco Panayotis Lafazanis. Difficile non pensare che gli appelli della Casa Bianca a mantenere la Grecia in Europa e nell’euro non siano influenzati anche da questi nodi. E dalla volontà di evitare che Atene diventi una nuova Avana.

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