Germania, torna “Groko” dopo sì della Spd a Merkel. Cancelliera verso quarto mandato

Germania, torna “Groko” dopo sì della Spd a Merkel. Cancelliera verso quarto mandato
La cancelliera tedesca, Angela Merkel
4 marzo 2018

Dopo il via libera della base Spd, la Germania si avvia, oltre 5 mesi dopo il voto, verso un governo di Grande Coalizione che sarà guidato dalla leader della Cdu Angela Merkel. Sarà il suo quarto mandato consecutivo alla guida di un esecutivo – il terzo alla guida di una coalizione con i socialdemocratici – e probabilmente il più difficile: con una maggioranza risicata (assieme Cdu/Csu e Spd hanno ottenuto poco più del 53% alle elezioni del 24 settembre scorso), con il primo partito di opposizione rappresentato dall’estrema destra dell’AfD e, infine, senza la poltrona delle Finanze a un esponente del suo partito. Il Bundestag, la camera bassa del governo tedesco, si riunirà il 14 marzo per rieleggere la cancelliera uscente Angela Merkel. La candidata cancelliera dovrà essere eletta al primo o secondo voto con la maggioranza assoluta, vale a dire con i voti di Cdu, Csu e Spd. I ministri saranno proposti in modo vincolante al presidente federale, che poi li nominerà formalmente. Un paio di giorni prima, probabilmente il 12 marzo, i socialdemocratici renderanno nota la lista dei loro ministri riporta la stampa tedesca. Per il momento l’unico casella certa è quella col nome di Olaf Scholz, che sarà ministro delle Finanze e vicecancelliere. Il lungo e dettagliato contratto di coalizione tra Cdu, Csu e Spd, negoziato a lungo e siglato a febbraio, prevede una clausola di recesso alla fine dei primi due anni. Periodo entro il quale la Cancelliera, 63 anni, dovrà riuscire, oltre a mantenere il sostegno della Spd, anche a placare le tensioni interne al suo partito, mai così critico nei confronti della propria leader. Fondamentali, da questo punto di vista, saranno le capacità di riserrare i ranghi da parte di AKK, acronimo di Annegret Kramp-Karrenbauer, colei che Merkel ha designato come segretario generale della Cdu e, con tutta probabilità, suo successore.

TORNA LA “GROKO”

Dopo 161 giorni dalle elezioni, la “Groko” è di nuovo realtà: gli iscritti del Partito Socialdemocratico hanno approvato l’alleanza di governo con la Cdu di Angela Merkel, ratificata a larga maggioranza (i due terzi dei voti) e con un’altissima partecipazione (oltre 400mila votanti su 464mila). Si tratta di un risultato che di fatto supera le aspettative della vigilia, date le perplessità più volte dimostrate dalla base rispetto ad una nuova alleanza con i conservatori: una strategia già provata in passato e alla quale è stato attribuito il crollo elettorale del partito. Il voto spiana definitivamente la strada alla elezione di Angela Merkel alla guida della nuova “GroKo”, in programma il 14 marzo al Bundestag, esorcizzando quindi lo spettro del ritorno alle urne e – ipotesi sempre invisa alla Cancelliera – la extrema ratio di un governo di minoranza. Logica quindi la soddisfazione della Cancelliera: “Mi congratulo con la Spd per questo limpido risultato e mi rallegro per la futura collaborazione per il bene del nostro Paese”, ha scritto in un tweet al quale ha fatto eco Il cristianosociale bavarese, Seehofer, leader del partito bavarese “cugino” della Cdu: “Una buona base per un governo federale stabile”. Di tutt’altro tenore la reazione del leader degli Jusos, i giovani della Spd, Kevin Kuehnert: “Ci siamo schierati per vincere. Quindi, in primo luogo: delusione. La critica alla Groko resta. La Spd deve essere di più come è stata nelle ultime settimane e di meno come è stata negli ultimi anni: dunque noi Jusos faremo in modo che non ci sia un rinnovamento della Spd senza di noi, da domani si ricomincia”.

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Disappunto anche tra le fila della sinistra della Linke, la cui capogruppo Sarah Wagenknecht, si è detta “dispiaciuta” per l’esito della consultazione: “Dopo mesi di gazzarra la Spd è venuta meno alla sua promessa e continua questa coalizione”; per l’estrema destra di Alternative fuer Deutschland il duello epr la conquista del governo è solo rimandato: “Al più tardi nel 2021 si faranno i conti. Fino ad allora saremo il maggior partito di opposizione e combatteremo per garantire una politica razionale e sostenibile nell’interesse dei cittadini”.  La Cdu aveva approvato l’accordo di governo con i socialdemocratici già il 28 febbraio scorso,, “con solo 27 voti contrari su 975 delegati presenti”; anche all’interno della Cdu la scommessa di Merkel sulla grande coalizione aveva però incontrato alcune resistenze, specialmente a causa delle concessioni fatte alla Spd riguardo a Ministeri quali le Finanze e il Lavoro. Proprio il cambio della guardia alla guida delle Finanze, ormai da anni feudo della Cdu, è stato il più criticato all’interno del partito conservatore, una parte del quale lo ha ritenuto un sacrifico eccessivo che mette a rischio quella politica di austerità fin qui difesa dai “falchi” di Berlino fedeli a Wolfgang Schaeuble.

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Tutto questo tuttavia non significa che alcuni dei dogmi finanziari fin qui dichiarati dalla Germania – equilibrio di bilancio, avversione al timore di dover pagare per i deficit altrui – verranno abbandonati del tutto o persino parzialmente: come sottolineano gli analisti, la realpolitik si imporrà rapidamente a qualsiasi velleità ideologica. Tanto più che il Ministro socialdemocratico candidato è il sindaco di Amburgo, Olaf Scholz, un moderato che all’interno del suo partito è considerato come il più vicino alla linea economica di Scheuble.  I due principali partiti hanno affrontato il varo di una nuova “Grande Coalizione” non senza preoccupazioni: da una parte, la convinzione che un ritorno alle urne non avrebbe fatto che rafforzare ulteriormente l’estrema destra; dall’altra – sul fronte socialdemocratico – il timore di un calo del consenso della base, ostile a una riedizione della “Groko” che ha spinto il leader Spd Martin Schulz a chiedere pesanti concessioni alla controparte. Un successo che non è valso tuttavia a salvargli il posto: inizialmente postulatosi come nuovo ministro degli Esteri, Schulz – che in precedenza aveva affermato di non voler entrare a far parte dell’escutivo – è stato costretto prima a rinunciare al dicastero, e poi ad abbandonare la guida del partito.

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