In Giappone si muore per superlavoro

In Giappone si muore per superlavoro
1 giugno 2018

Una piaga sociale, cominciata alla fine degli anni Sessanta, quando i salari erano bassi e i giapponesi si ammazzavano di lavoro per incrementare la busta paga. Un fenomeno che da allora si chiama karoshi: non si traduce come stakanovismo, ma come «morte per eccesso di lavoro», vera e propria sindrome, codificata anche giuridicamente. L’ultimo caso quello di Miwa Sado, 31 anni, una reporter della rete Nhk che sino a un mese prima di morire per complicazioni cardiache aveva lavorato 159 ore di straordinario, due soli giorni liberi.

Il caso aveva scosso l’opinione pubblica, mentre uscivano sempre nuove testimonianze sulle condizioni lavorative della giornalista. Ma l’emittente ha dato la notizia che Miwa era morta di karoshi solo ora, quattro anni dopo, perché i genitori, in seguito all’ennesima rivelazione, hanno indetto una conferenza stampa chiedendo che ciò che è accaduto alla figlia serva per indurre il governo e le aziende a prendere provvedimenti. Il Giappone si trova di fronte a un bivio per quanto riguarda il diritto del lavoro. Il governo del primo ministro Shinzo Abe ha fatto approvare dalla Camera bassa della Dieta, il parlamento nipponico, quella che ha definito la “prima grande riforma del lavoro in 70 anni”. Si tratta di una nuova normativa, tuttavia, considerata controversa e contestata perché, a dire dei critici, rischia di accrescere i casi di morte da superlavoro (karoshi).

L’obiettivo dichiarato del governo è quello di far diminuire la forbice tra i lavoratori stabili e quelli non regolari e di garantire più flessibilità in un mercato del lavoro ancora ampiamente regolato da una normativa ferma al 1947. Teoricamente, la norma voluta da Abe – denominata “Legge sullo stile di lavoro” – offre anche strumenti per limitare il ricorso a ore di straordinario eccessive, una pratica finita nel mirino dell’opinione pubblica a causa del numero preoccupante di morti da superlavoro che si verificano nel paese. “I luoghi di lavoro che si basano eccessivamente su lunghi orari di lavoro non soddisfano più le necessità dei dipendenti né rafforzano la produttività”, ha spiegato Shigeyuki Goto del Partito liberaldemocratico, il partito di maggioranza che esprime Abe, parlando alla Camera dei rappresentanti, secondo quanto riferisce il Japan Times.

Abe considera questa normativa un importante passaggio politico per il suo governo e suo personale, in un momento in cui è al centro di polemiche per una serie di scandali e con livelli di consenso decisamente bassi. Il premier a settembre dovrà affrontare elezioni interne al partito per la leadership – e nel sistema nipponico il capo del partito di maggioranza è anche premier – e un più incerto passaggio elettorale nella primavera del prossimo anno per il rinnovo della Camera alta. I numeri per far approvare la riforma ci sono. Oltre al Partito liberaldemocratico e ai suoi alleati del Komeito, si sono uniti i conservatori del Nippon Ishin no kai. Questi partiti hanno approvato alla Camera bassa il provvedimento, che ora deve andare alla Camera alta. La norma prevede un tetto massimo di ore di stroardinario annuo fissato in 360, ma nello stesso tempo prevede un sistema di esenzione per i “colletti bianchi” le cui retribuzioni verrebbero maggiormente legate ai risultati e meno al numero di ore lavorate.

C’è poi la parte che più preoccupa e che ha provocato anche una manifestazione di protesta da parte dell’organizzazione dei famigliari delle vittime di karoshi. Si tratta del “sistema per i professionisti di alto livello”, cioè personale specializzato con retribuzione superiore ai 10,75 milioni di yen (84.400 euro) all’anno, che verrebbe esentato dalle regole relative all’orario di lavoro. “Se si elimina il sistema di norme sull’orario di lavoro, è chiaro che vengono deregolati gli eccessivi straordinari e, se accade qualcosa, tutto diventa responsabilità personale (del lavoratore)”, ha commentato Emiko Sado, madre di Miwa Sado, una giornalista 31enne della tv pubblica Nhk morta nel 2013 di karoshi, secondo il giornale Mainichi shimbun. “Non si può – ha continuato – far passare una legge che ruba vite. (Lamentarsi) dopo che le persone sono morte, è tardi”.

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