Giono, ‘L’uomo che piantava gli alberi’

21 aprile 2014

Ci sono storie che si tramandano nel tempo senza perdere mai la loro forza. Sono storie dal contenuto universale, che parlano di valori come l’amicizia, il rispetto, la lealtà, il senso della vita. Spesso hanno la capacità di plasmare i pensieri di chi le legge perchè il loro messaggio arriva dritto al cuore. Sono storie scritte sotto forme diverse: favola, no
vella, racconto allegorico, trattato filosofico. Penso a ‘Il piccolo principe’ di Antoine de Saint-Exupéry, ‘La linea d’ombra’ di Joseph Conrad, ‘Bartleby lo scrivano’ di Herman Melville, ‘Walden’ di Henry Thor
eau, o al ‘Siddharta’ di Hermann Hesse. Ecco, libri che custodiscono questo tipo di storie non dovrebbero mai finire fuori catalogo. Per cui fa particolarmente piacere che l’editore Salani abbia deciso di ristampare nella collana ‘Istrici d’oro’ (per bambini e ragazzi) ‘L’uomo che piantava gli alberi’ di Jean Giono, rimasto per troppo tempo non disponibile.


La prima pagina si apre con il disegno di un uomo, ha lo sguardo sereno, la bocca accenna a un sorriso. Sullo sfondo si intravede un sentiero che porta a una casa sulle colline. Il messaggio recita: “Perchéla personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l’idea che la dirige è di una generosità senza pari
, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d’errore, di fronte a una personalità indimenticabile”.


Il libro racconta la storia di Elzéard Bouffier, un pastore solitario di un paesino della Provenza che, non avendo occupazioni più importanti, passa la vita a seminare ghiande, fino a ripopolare un’arida vallata ai piedi delle Alpi. Egli non parla quasi mai con nessuno, prova piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane. La sua casa è in ordine, i vestiti sono rammendati con la cura minuziosa che rende i rammenti invisibili. “La società di quell’uomo dava pace” dice il giovane escursionista che lo incontra per caso (alter ego dell’autore) che narra la sua storia. Elzéard Bouffier attraversa le due guerre mondiali ignorandole completamente. Per tutto quel tempo “aveva continuato imperturbabilmente a piantare” fino a far nascere un’intera foresta in quello che prima era un deserto, all’insaputa di tutti. E mentre nel mondo la gente moriva, Bouffier continuava a vivere in salute. “Il lavoro calmo e regolare, l’aria viva d’altura, la frugalità e soprattutto la serenità dell’anima avevano conferito a quel vecchio una salute quasi solenne. Era un atleta di Dio”.

Nella sua vita Jean Giono, scrittore francese nato proprio in Provenza, si interessò molto a
lla ricerca della felicità, come ci ricorda Leopoldo Carra nella nota finale. E proprio in questo racconto si ritrovano tutti i temi cari all’autore: l’attaccamento alla vita e il ritorno alla natura, l’apprezzamento per un lavoro onesto, silenzioso, per una fatica libera e generosa. Il giovane escursionista che incontrerà più volte Elzéard Bouffier dirà di lui: “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole”. L’albero è il simbolo del racconto, è l’espressione della vita, dell’equilibrio e della saggezza. Elzéard Bouffier è l’uomo che si prende cura del mondo che lo circonda, per lasciarlo ai posteri in condizioni migliori di come l’ha trovato. Il giovane escursionista rappresenta le nuove generazioni a cui tramandare la storia. Le illustrazioni di Simona Mulazzani aiutano a rendere ancora più accessibile ai bambini questa parabola, perfetta per le festività pasquali, sul rapporto uomo-natura e sul senso delle nostre vite.

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