Giudici, capo ultrà Inter non organizzò gli scontri

Giudici, capo ultrà Inter non organizzò gli scontri
Daniele Berardinelli e Marco Piovella
4 marzo 2019

Sottoposto alla sorveglianza speciale per un anno e sei mesi, anche se non fu lui a organizzare gli scontri tra tifosi interisti e napoletani che, nel giorno di Santo Stefano, portarono alla morte di Daniele Belardinelli. Marco Piovella, il capo ultrà dell’Inter in carcere dal 31 dicembre scorso, una volta tornato in libertà avrà l’obbligo di “mantenersi ad almeno tre chilometri di distanza dai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive di qualunque tipo, professionistiche o dilettantistiche, su tutto il territorio nazionale”.

Ma secondo i giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, che hanno disposto per lui la sorveglianza speciale, “non emergono elementi probatoriamente qualificanti per ritenere che Piovella abbia avuto un ruolo di organizzazione o di direzione morale dei violenti scontri verificatisi in via Novara in data 26 dicembre 2018”. Secondo il collegio presieduto dal giudice Fabio Roia, è vero che il designer 34enne risulta “responsabile delle coreografie e dei lanciacori della Curva Nord dell’Inter, rivestendo oggettivamente un ruolo di leader e di soggetto di riferimento all’interno di una struttura della tifoseria estrema interista”. Ma è altrettato vero che Piovella si pone come “figura carismatica nei confronti dei semplici partecipanti e cioè dei tifosi che possono subire o soffrire processi di natura manipolatoria per semplice adesione emulativa dell’atteggiamento tenuto dal leader del gruppo”.

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Al massimo, la sua può essere qualificata come quella che in termini giuridici si definisce “compartecipazione morale” che, precisano ancora i giudici, si può realizzare “dalla messa in campo di una condizione personale carimastica, e quindi di implicito incitamento, nel contesto di determinati avvenimenti di matrice violenta”. Il Tribunale non ha accolto nè la richiesta del Questore Marcello Cardona (obbligo di dimora nel comune di Milano per 3 anni) nè quella del pm Francesco De Tommasi (divieto di soggiorno sul territorio della regione Lombardia). Poiché l’obiettivo della misura deve essere quello di “tutelare l’aspettativa di sicurezza pubblica”, i giudici hanno deciso di “modulare l’intervento preventivo attraverso prescrizioni adeguate e non sanzionatorie”.

E tenuto anche conto della sua “accertata pericolosità sociale”, per il 34enne sono scattati ‘solo’ 18 mesi di sorveglianza speciale (contro i 3 anni chiesti dalla Questura), con “l’ulteriore prescrizione di mantenersì ad una distanza di almeno tre chilometri” dagli stadi e da altri “luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive”. E questo proprio per “evitare possibili contaminazioni o intese con gruppi di tifo estremo cosiddetto gemellato o antagonista”. Un provvedimento “equo” secondo la sezione misure di prevenzione del Tribunale proprio perché Piovella, uomo “socialmente inserito e dotato di un’attività professionale di tipo imprenditoriale”, ha dimostrato una “tendenza alla consumazione di condotte violente soltanto in occasione dello svolgimento di manifestazioni calcistiche”.

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