Google torna in Cina? C’è chi frena e chi affila i denti

Google torna in Cina? C’è chi frena e chi affila i denti
7 agosto 2018

Google torna in Cina? C’è chi dice che è un bene, c’è chi considera questo ritorno una sfida, ma anche chi è furioso e non ne vuol sapere. La notizia che sta facendo fibrillare il mondo del web ormai sembra ogni giorno di più diventare concreta: il motore di ricerca più importante del mondo virtuale sta preparando una sua versione che potrà in qualche modo venire incontro alle esigenze regolatrici (leggesi censorie) di Pechino.

Era il 2010 quando Google decise di andar via dalla Cina dopo aver scoperto degli episodi di hacking degli account Gmail di alcuni attivisti per i diritti civili. D’altronde tutti i giganti Usa del web hanno avuto a che fare con il “Grande Firewall” cinese, che blocca ogni contenuto politicamente sgradito al regime. Twitter, Facebook, YouTube e il New York Times sono bloccati nella Repubblca popolare. Una situazione, questa, che ha consentito ai giganti locali come Baidu e Youkou di crescere indisturbati.

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La possibilità di un ritorno in Cina di Google è vista con favore dalle autorità cinesi, a condizione che il gigante americano rispetti le necessità delle autorità. Due giorni fa il Quotidiano del Popolo ha scritto che “Google è benvenuta, ma è un prerequisito che debba rispettare quanto previsto dalla legge”. Il commento, inoltre, ricorda che nel periodo di assenza di Google dalla Cina, il contesto del web cinese è radicalmente cambiato: da pochi più di 300 milioni di utenti si è passati a oltre 700 milioni.

Proprio questa prospettiva, tuttavia, sta provocando forti mal di pancia all’interno della stessa società americana. The Intercept, che è stata la testata online la quale ha rivelato il progetto. Secondo il magazine online The Intercept, dopo la rivelazione, il gruppo ha bloccato l’accessibilità ai documenti relativi al progetto “Dragonfly” alla gran parte dei dipendenti. “C’è stato un silenzio radio totale della gerarchia e questo rende la gente scontenta e spaventata”, ha raccontato un dipendente. Non è la prima volta che Google si trova a dover affrontare malumori interni.

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Migliaia di dipendenti hanno firmato qualche mese fa una petizione per chiedere di “restare fuori dal business della guerra” a proposito di un contratto col Pentagono. Dopo questa protesta, il gigante informatico si è impegnato a far sì che i suoi lavori nel settore dell’intelligenza artificiale servano mai a costruire armi. Poi c’è la terza posizione, che è quella di chi nel mercato cinese ci opera e si troverà come concorrente il gigante americano. Robin Li Hanyong, il numero uno del motore di ricerca cinese Baidu, affila i denti. Sul suo account WeChat, utilizzando un gergo da gioco di ruolo, ha scritto: “Se Google rientra sul mercato, ci darà l’opportunità di combattere all’ultimo sangue con spade e lance reali, e di vincere ancora una volta”.

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