Governo più saldo, Pd e Fi sono cantiere aperto. Impossibili urne a settembre

Governo più saldo, Pd e Fi sono cantiere aperto. Impossibili urne a settembre
Matteo Salvini e Luigi Di Maio
6 luglio 2019

Una volta strappate dal calendario tutte le pagine in carta velina della prima settimana di luglio, ci si accorge di una cosa: alle elezioni a settembre non ci si andra’. La politica e’ fatta anche di tempi tecnici, e per arrivare ad un sereno e consapevole scioglimento delle Camere bisogna seguire un certo percorso. Chi ha frequentato il Quirinale in tempi passati e recenti e’ ben consapevole che non bastano certo ventiquattr’ore per liberare i parlamentari dal loro mandato e dare il via libera al processo elettorale. Bisogna – nell’ordine – che il governo si dimetta (con eventuale rinvio alle Camere dello stesso per una sfiducia che eviti la crisi extraparlamentare); che ci sia un primo giro di consultazioni; magari un probabile secondo giro di consultazioni; un possibile incarico esplorativo (perche’ le elezioni anticipate sono tradizionalmente considerate al Colle come un vulnus alla normale vita delle istituzioni, e quindi da evitare finche’ possibile); un passaggio parlamentare dell’eventuale nuovo governo.

Nuove dimissioni. Segue l’incontro a tre con i presidenti di Camera e Senato per la decisione definitiva, poi la firma dei decreti che devono essere recepiti dalla struttura e pubblicati in Gazzetta Ufficiale (un pugno di altre preziosissime ore). Oltre a questo ci son le variabili indipendenti rappresentate da maggioranze che si formano e si sfaldano, nel corso delle consultazioni, anche nell’arco di un solo pomeriggio rallentando i tempi. Oppure dando al processo uno sbocco del tutto inaspettato. Insomma, e’ difficile presumere una campagna elettorale ad agosto. Ma non e’ solo una questione puramente temporale. Il fatto e’ che ci sono molti motivi di carattere politico per prevedere che la crisi, che tutti immaginavano imminente dopo le europee, difficilmente ci sara’. Un chiaro segnale lo ha dato Luigi Di Maio, intervistato dal Corriere della Sera. “Questo e’ l’unico governo possibile”, sintetizza dopo aver registrato anche da parte di Di Battista il ricorso a toni e concetti diversi dal passato.

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Dice ancora Di Maio: “Abbiamo ritrovato un metodo”. In altri tempi si sarebbe usata la formula “ritrovare le ragioni forti dello stare insieme”, ma il succo e’ lo stesso: ci sono ottimi motivi per non toccare nulla, almeno nelle cose essenziali. E’ immaginabile che un suo ruolo l’abbia giocato il giudizio dei tecnici del ministero delle infrastrutture riguardo la partita con Autostrade. A questo punto anche l’altra partita, quella su Alitalia, comporta meno rischi potenziali di quanti non ne presentasse prima. Da parte leghista si prende atto della rassicurazione, mentre si valuta la situazione interna delle principali forze all’opposizione. Forza Italia, proprio in queste ore, deve fare i conti con l’iniziativa di Giovanni Toti, coordinatore nazionale del partito insieme a Mara Carfagna. Al teatro Brancaccio di Roma Toti ha chiamato a raccolta una parte del partito per quello che viene presentato come un appello al rinnovamento.

Definizione che non convince tutti, dentro Forza Italia. Si prevede una fase di intenso dibattito interno, soprattutto in considerazione della forza con cui il governatore della Liguria ha chiesto lo svolgimento di primarie aperte. Dibattito aperto anche nel Pd, dove Matteo Renzi ha alzato il tono della voce in materia di migranti, ius soli e indirettamente anche linea politica. Quanto sensibili siano le corde che ha toccato lo dimostra l’articolata risposta fornita oggi, attraverso una lettera a Repubblica, da Paolo Gentiloni. Questi, tirato in ballo in prima persona sulla questione dello ius soli non approvato, oggi e’ alleato con il segretario Nicola Zingaretti. Che poi sarebbe, a detta di taluni, il vero obiettivo delle critiche di Renzi. Intanto Luca Lotti, autosospesosi dal partito per il caso delle procure, ha riunito la sua corrente a Montecatini, ad indicare che i movimenti interni al Pd son tutto meno che in via di esaurimento. Non andare alle urne non e’ solo una questione di tempi tecnici.

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