Greenaway: racconto il viaggio di Brancusi e non amo le serie tv

4 luglio 2019

E’ stata Kasia Smutniak a consegnare a Peter Greenaway il “Taormina Arte Award” della 65° festival del cinema. Il grande cineasta gallese aveva appena tenuto una lezione di cinema in cui aveva parlato della sua continua ricerca di nuovi modi di fare cinema. Il regista de “I misteri del giardino di Compton House”, “Lo zoo di Venere”, “Il ventre dell’architetto”, “Nightwatching” ha parlato del suo prossimo film, sullo scultore Constantin Brancusi.

“Per spiegare il film, direi che è un film biografico, una biofiction sul più famoso scultore del secolo scorso, il romeno Brancusi. L’ho scelto perché lui nel 1906 arrivò a piedi dalla Romania a Parigi. Non aveva soldi e quello per lui era l’unico modo di realizzare il proprio sogno. Ci ha messo più o meno un anno e mezzo, non aveva fretta. Non esistono diari, cronache di quel viaggio, sappiamo un paio di cose, il resto le abbiamo inventate. Sfido il pubblico a correggermi se ci sono errori, perché non sarà in grado di farlo”.

“La vita è arte e l’arte è vita” è il motto di Peter Greenaway, regista visionario e poetico che nei suoi film ha dialogato con la storia dell’arte come nessun altro ha mai fatto, sempre rinnovandosi e sperimentando. Alla domanda cosa pensi delle nuove piattaforme, da Netflix a Amazon Prime e della serialità, però risponde: “Non cambia la grammatica, la sintassi, il vocabolario, è solo più lunga e più costosa, e per questo non credo valga molto”.

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