Guardasigilli forcaiolo, e programma di governo manettaro

Guardasigilli forcaiolo, e programma di governo manettaro
L'ex premier, Silvio Berlusconi
5 giugno 2018

Guardasigilli forcaiolo, e programma di governo manettaro. L’incubo giustizia torna a tormentare le notti a Arcore. Il neo ministro Alfonso Bonafede s’è già messo a lavoro “per realizzare i punti del contratto per il Governo del cambiamento”. E, Silvio Berlusconi, sente puzza di bruciato. Quindi, chiama la piazza. “Ancora oggi ci dobbiamo mobilitare per dare voce ad un’Italia che non può identificarsi nel governo giallo verde, né naturalmente nella sinistra”, scandisce il leader di Forza Italia. Tradotto: “Ci opporremo al pauperismo e al giustizialismo, ad ogni atto che mette in pericolo i conti pubblici e il ruolo internazionale del nostro paese, il lavoro e il risparmio degli italiani, la nostra libertà”.

Non spira buon vento, in casa azzurra. I rapporti tra il Cavaliere e il neo ministro Matteo Salvini sono sempre più tesi. La tentazione dell’ex premier di tagliare il cordone ombelicale appare sempre più forte. Con un crescendo, da quando è stato nominato un Guardasigilli grillino, per lo più fedelissimo di Di Maio. Segno, per Berlusconi, che il leader della Lega non è stato in grado di ottenere le garanzie richieste dal Cavaliere proprio in tema di giustizia. Da qui la stoccata a Salvini: “Noi rimaniamo coerenti e fedeli al voto del popolo di centro-destra e saremo perciò molto rigorosi nell’opporci a tutto quello che giudicheremo non positivo per l’Italia e per gli italiani”. Il Cavaliere è, comunque, irrequieto. E, a ben ragione, a detta di alcuni suoi fedelissimi.

Il riferimento è ai probabili nuovi collaboratori di Bonafede che lo stesso ministro avrebbe già contattato. Nomi che certo non rasserenano l’ambiente berlusconiano. Parliamo di Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite e presidente dell’Anm, a cui verrebbe affidato un “ruolo di peso”. Ma non è tutto. Perché il ministro grillino avrebbe pure sentito un altro pezzo da novanta della giustizia. Si tratta di Antonino Di Matteo, protagonista, tra l’altro, del processo alla trattativa Stato-Mafia. Per il magistrato palermitano si vocifera la poltrona di sottosegretario alla Giustizia. In ogni caso, in via Arenula, un posto a lui riservato non mancherebbe.

Tra le ipotesi, la guida del Dipartimento per gli affari della giustizia, considerato un ufficio chiave. O, sempre per Di Matteo, potrebbero aprirsi le porte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Insomma, ci sarebbe solo da scegliere. Uno scenario che ha messo il turbo alla macchina azzurra, riportandola, però, indietro al 1994. La prima discesa in campo di Berlusconi, video-messaggi e mirino puntato sul nemico. Allora erano i comunisti che “stavano per prendere il potere dopo aver scardinato la democrazia con l’uso politico della giustizia”. Ora, invece, sono i grillini. Ma con una differenza non di poco conto: l’esercito berlusconiano non è più quello di allora. E, lo stesso comandante, non è più quello di venticinque anni fa.

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