Il bluff delle Province. Pagheremo di più

29 marzo 2014

Potete sostenere che sia un primo passo, per carità. Ma evitate di esultare, convinti che le Province siano state abolite, finalmente. Putroppo non è così. Tenete le bottiglie di spumante in frigorifero. Secondo i tecnici, infatti, il disegno di legge che porta il nome del sottosegretario Graziano Delrio potrebbe finire per far spendere più soldi allo Stato di quanto costavano le tanto vituperate Province. Del resto il provvedimento non le cancella ma crea le città metropolitane. Tra l’altro queste ultime non prenderanno necessariamente il posto delle prime. Secondo la norma Del Rio potrebbero anche convivere. Soltanto in seconda battuta, quando sarà approvata la modifica costituzionale, potremmo salutare le Province. Per ora diremo addio a poco più di mille e cinquecento amministratori, esattamente 1.774 (e non tremila come ha scritto in modo entusiastico il premier Renzi).

In questi giorni l’opposizione ha protestato, sostenendo che il disegno di legge approvato dal Parlamento con la fiducia sia tanto fumo (se non proprio tutto) e poco arrosto. Mesi fa era stata la Corte dei conti a esprimere dubbi. In un’audizione alla Commissione Affari Costituzionali, il 6 novembre 2013, i magistrati contabili presentavano una serie di critiche. Sia sull’effettivo risparmio sia sul piano strutturale, visto che “non si può ritenere che il progetto centri l’obiettivo del riordino dell’intervento pubblico sul territorio e della semplificazione dell’intermediazione pubblica in applicazione dei principi di sussidiarietà, efficacia ed efficienza”.

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La staffetta tra le Province e gli altri enti non sarà a costi invariati, come dice il governo. Secondo i magistrati contabili questa tesi non è sostenibile. Nelle sue conclusioni la Corte dei conti non usa mezzi termini: “Dal punto di vista finanziario il disegno di legge si basa sull’assunto della invarianza degli oneri in quanto si tratterebbe di un passaggio di risorse e funzioni dalla Provincia ad altri enti territoriali. Una costruzione, questa, il cui presupposto appare però tutto da dimostrare nella sua piena sostenibilità. Infatti, non appaiono convincenti anzitutto la contemporaneità tra la progressiva soppressione della Provincia (risparmi) e la istituzione della Città metropolitana (oneri) e in secondo luogo il relativo parallelismo quantitativo”.

A conti fatti, benché “si profilano dubbi sugli effettivi risparmi di scala conseguenti a tali processi di unificazione, essendo la struttura delle spese fortemente squilibrata sulla componente relativa agli oneri inderogabili”, il risparmio previsto consisterebbe nella mancata spesa “per gli organi di direzione politica nonché per gli oneri per le consultazioni elettorali”. Cioè tra i “100 e i 150 milioni di euro a fronte di circa 8 miliardi di spesa corrente”. Un primo passo, dunque, che potrebbe aprire anche nuovi conflitti di competenze, a cui dovrà seguire la vera e propria riforma del titolo V.

Ieri è stato Beppe Grillo a tornare sul tema. Sul suo blog una nota firmata dal gruppo del MoVimento 5 Stelle al Senato ha spiegato: “Con la norma del governo Renzi si aumentano i consiglieri comunali e gli assessori comunali in più: rispettivamente 26.510 e 5.448 in più. Zero poltrone in più con la proposta a 5 Stelle. Ultimo inghippo. La norma voluta dal numero due del governo Renzi ha tempi stretti e non praticabili per la realizzazione del provvedimento. Al contrario la proposta di legge del MoVimento 5 Stelle prevede un anno di tempo per il trasferimento delle competenze. Se i tempi non verranno rispettati, le competenze andranno automaticamente alle Regioni”.

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E se Lucio Malan (Forza Italia) parla di “legge truffa”, aggiungendo che “finora l’unica cosa positiva fatta dal governo Renzi è la prima lettura della mezza riforma elettorale, e solo grazie ai voti decisivi di Forza Italia”, il premier ha sottolineato: “Gli stessi che due mesi fa dicevano che i costi della politica sono troppi oggi si lamentano del Pd perché si riduce il numero delle persone in politica”. Renzi ha precisato: “L’obiettivo è l’abolizione del sistema delle Province attraverso la riforma del Titolo V. Questa è una potente dimostrazione di responsabilità da parte della politica”.

Dunque per brindare aspettiamo la legge costituzionale che cancellerà le Province e ridisegnerà le competenze tra Stato e Regioni. Nel frattempo, però, Renzi sorride: il ddl Delrio è “una potente dimostrazione che siamo in grado di cambiare le cose. Stiamo facendo quello che ci chiedono i nostri elettori”.

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