Il ritorno ad Auschwitz di 300 sopravvissuti dopo 70 anni (VIDEO)

Il ritorno ad Auschwitz di 300 sopravvissuti dopo 70 anni (VIDEO)
27 gennaio 2015

Settant’anni dopo essere scampati ad Auschwitz, 300 sopravvissuti sono tornati nel campo nazista in cui furono uccise più di 1 milione di persone, per la maggior parte ebrei. Un luogo diventato il simbolo dell’orrore nazista tanto che il giorno della sua liberazione, il 27 gennaio del 1945, è stato scelto come giornata della Memoria. “Sembra che la civilizzazione sia arrivata qui – dice guardandosi intorno Johnny Pekats, che arriva dagli Stati Uniti – c’è un hotel, non sembra un campo ma un paradiso. Ci sono case private. Se sapessero cosa è stato fatto qui, l’odore dei corpi bruciati… Non ci abiterebbero”. Per tutti loro tornare significa tornare nei ricordi più dolorosi della propria vita: “Questo posto era l’inferno. Vivevamo nelle baracche. C’erano sbarre alle finestre, non c’erano condizioni per dormire, solo letti in legno. Il cibo era terribile. Non potevamo viverci eppure siamo sopravvissuti. È incredibile come l’uomo possa vivere di niente”.

Rosa Schindler, ceca, qui ha perso tutta la sua famiglia: “Ho 85 anni, chi lo sa se potrò tornare un giorno. Sono venuta qui per dire addio a mia madre, ai miei quattro fratelli e sorelle che sono morti qui e a cui non ho mai potuto dire addio allora”. In molti sono venuti con i figli e i nipoti, perché la loro testimonianza continui a vivere nella memoria delle generazioni future. 300 sopravvissuti sono tornati nel campo nazista in cui furono uccise più di 1 milione di persone, per la maggior parte ebrei. Un luogo diventato il simbolo dell’orrore nazista tanto che il giorno della sua liberazione, il 27 gennaio del 1945, è stato scelto come giornata della Memoria. “Sembra che la civilizzazione sia arrivata qui – dice guardandosi intorno Johnny Pekats, che arriva dagli Stati Uniti – c’è un hotel, non sembra un campo ma un paradiso. Ci sono case private. Se sapessero cosa è stato fatto qui, l’odore dei corpi bruciati… Non ci abiterebbero”.Per tutti loro tornare significa tornare nei ricordi più dolorosi della propria vita: “Questo posto era l’inferno. Vivevamo nelle baracche. C’erano sbarre alle finestre, non c’erano condizioni per dormire, solo letti in legno. Il cibo era terribile. Non potevamo viverci eppure siamo sopravvissuti. È incredibile come l’uomo possa vivere di niente”. Rosa Schindler, ceca, qui ha perso tutta la sua famiglia: “Ho 85 anni, chi lo sa se potrò tornare un giorno. Sono venuta qui per dire addio a mia madre, ai miei quattro fratelli e sorelle che sono morti qui e a cui non ho mai potuto dire addio allora”. In molti sono venuti con i figli e i nipoti, perché la loro testimonianza continui a vivere nella memoria delle generazioni future.

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